Fare la spesa a Napoli era considerata una attività molto più economica rispetto alle altre grandi città d’Italia, in particolare le metropoli del Nord. Non è più cosi da un po’ e le ragioni affondano le loro radici in varie questioni. Nell’ultimo periodo la crisi internazionale, la guerra in Ucraina e la conseguente crisi petrolifera con l’aumento di gas e carburanti hanno pesantemente inciso anche sui prezzi proposti ai consumatori napoletani nei negozi, nei supermercati e nei mercati rionali, dai prodotti alimentari fino agli altri beni di consumo.
Negli ultimi dati Istat l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) registra aumenti e, spiegano gli esperti, non si fermerà: l’accelerazione dell’inflazione su base tendenziale è dovuta prevalentemente ai prezzi dei Beni energetici e in misura minore ai prezzi dei Beni alimentari, sia lavorati sia non lavorati. Sono aumentati i prodotti su base cereali, olio di semi, mais che importiamo dall’Est Europa, dalla Russia, dall’Ucraina ma anche dall’Ungheria. Dunque anche la pasta di grano duro, uno degli alimenti più consumati.
Aumentano per via del rincaro della nafta i prezzi dei prodotti freschi, ovvero tutto il comparto ortofrutta ma anche i surgelati che hanno bisogno di essere trasportati con una catena del freddo (che consuma ovviamente energia elettrica). Il pollame, causa scarsità di granaglie, elemento base dell’alimentazione del pollo, è aumentato di prezzo. Nulla fa presagire che i prezzi scenderanno sul breve periodo.