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G20: “impegni vaghi” per il cambiamento climatico?

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ROMA – Quello di Roma sarà di certo ricordato come Il G20 delle rappacificazioni. Sono innumerevoli le conquiste degli ultimi tempi e di cui i grandi leader possono compiacersi, permangono tuttavia argomenti di scontro.

Le maggiori problematiche sul tavolo restano le medesime ed affiorano nei collegamenti da remoto di Vladimir Putin e Xi Jinping, collegati rispettivamente da Mosca e Pechino, che sembrano concordi sul non porre alcun rimedio all’emergenza climatica, tutt’altro.

Nel backstage invece vanno avanti le trattative tra gli sherpa sulla lotta ai cambiamenti climatici, in vista della discussione tra i leader domani. Ma non ci sono passi in avanti, solo “impegni vaghi”. “Sarà un’altra lunga notte”, ci dicono fonti diplomatiche, mentre si fa alto il rischio che questo G20 non riesca a lasciare una grande eredità alla conferenza dell’Onu sull’ambiente che inizia a Glasgow domani.

Inizia Putin a chiedere il riconoscimento reciproco dei vaccini e dei relativi ‘green pass’. “Vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che, nonostante le decisioni del G20, l’accesso ai vaccini e ad altre risorse vitali non è ancora consentito a tutti i Paesi che ne hanno bisogno. Questo – prosegue – è causato dalla concorrenza sleale, il protezionismo e il rifiuto da parte di alcuni Paesi, tra cui i membri del G20, di riconoscere reciprocamente i vaccini e i certificati vaccinali”.

Xi Jinping avanza la stessa richiesta di “mutuo riconoscimento” di tutti i vaccini che hanno ricevuto l’autorizzazione di emergenza. Ma il leader di Pechino va oltre: accusa l’occidente di strumentalizzazione della pandemia in funzione anti-cinese.

Il multilateralismo è la migliore risposta ai problemi che vediamo oggi – sono le parole di Draghi al summit – In molti sensi è l’unica risposta possibile, dalla pandemia, al clima, alle tassazioni. Non è una opzione. Dobbiamo superare le nostre differenze e ritrovare lo spirito di questo consesso”.

Al G20 la speranza è di ricavare qualcosa sul tavolo della cosiddetta ‘finanza climatica’, gli aiuti ai paesi poveri ed emergenti, che dunque inquinano perché ancora totalmente dipendenti dal carbone, dalle fonti fossili. Infatti Xi Jinping insiste su questo punto. Il leader cinese esorta i Paesi sviluppati a dare l’esempio nella riduzione delle emissioni, accogliendo “pienamente le particolari difficoltà e preoccupazioni dei Paesi in via di sviluppo”, rispettando gli impegni di finanziamento, come la fornitura di tecnologia, lo sviluppo di capacità e altri tipi di sostegno. “Questo è di fondamentale importanza per il successo della prossima Cop26”, dice Xi.

La bozza di conclusioni del vertice prevede la “mobilitazione di 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2025 per i paesi in via di sviluppo”. E contiene tanti traguardi, ancora non supportati da impegni concreti da parte di tutti, fatta eccezione per Ue e Usa, attivi sul tema (i secondi, da quando c’è Biden alla Casa Bianca).

C’è l’impegno a “mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi, con sforzi per non superare il grado e mezzo”, ma – è questo il punto – “tenendo in considerazione diversi percorsi e approcci”. La bozza ribadisce l’impegno a raggiungere “la neutralità climatica nel 2050” e a eliminare “nel medio termine i sussidi per le fonti fossili” che si dimostrino “inefficienti”. C’è anche l’impegno a “fare il massimo per evitare nuove centrali a carbone negli anni ’30” di questo millennio.

Finisce la giornata con Russia e Cina che chiedono un format ristretto per risolvere i problemi del mondo. Lavrov e Wang Yi definiscono una “urgente necessità” un summit a 5 dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu (Regno Unito, Usa, Cina, Russia e Francia) per “cercare una risposta efficace alle attuali sfide e minacce globali”. Con buona pace dell’appello al multilateralismo diffuso con cui Mario Draghi aveva aperto i lavori del G20. 

Domani seconda e ultima giornata di summit: il momento della verità, prima del Cop26, prima di Glasgow. 

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