BRUXELLES – Aria di crisi tra Polonia e Ue dopo la sentenza della Corte costituzionale polacca che affermava il primato del diritto nazionale su quello europeo.
Era chiaro sin dalla vigilia che la discussione al Parlamento europeo, riunito in plenaria a Strasburgo, sulla crisi dello Stato di diritto in Polonia avrebbe visto un ulteriore scontro tra Varsavia e le istituzioni europee.
La premessa era nella lettera aperta inviata dal premier polacco Mateusz Morawiecki al Parlamento Ue, alla Commissione europea e al Consiglio europeo in cui ha chiesto «comprensione e reciprocità» e «disponibilità a condurre il dialogo con spirito di rispetto». Ma nella lettera Morawiecki aveva anche detto che «la Polonia è determinata a difendere la propria sovranità» e ha attaccato le istituzioni che, secondo Varsavia, agiscono oltre il loro potere e usano la leva finanziaria per «usurpare poteri».
«Il primato del diritto dell’Unione non può essere sopra le Costituzioni, non può violare dunque le Costituzioni», ha replicato Morawiecki: «La nostra Costituzione non consente di delegare poteri in un modo che porterebbe alla conclusione che la Polonia non è più uno Stato sovrano», ha proseguito aggiungendo che «se vogliamo collaborare, dobbiamo essere d’accordo che ci sono differenze. L’Unione europea non si disintegrerà solo perché i nostri sistemi legali sono diversi, operiamo così da decenni». Il premier polacco ha ribadito l’appartenenza di Varsavia all’Ue, così come vogliono i cittadini polacchi, che il 10 ottobre sono scesi in piazza per riaffermare la loro volontà di rimanere all’interno dell’Unione in protesta con il governo. Parlare di Polexit, ha detto il premier, vuol dire «raccontare fantasie e menzogne».