Salute

Inizia la Settimana Nazionale della Dislessia

Pubblicato

il

NAPOLI – Il 4 ottobre apre la Settimana Nazionale della Dislessia, uno dei quattro Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

Di dislessia si parla poco e, a volte, in modo improprio. Non si tratta di una malattia o di una sindrome, bensì di un disturbo della lettura che si manifesta con una difficoltà nella comprensione di un testo. O meglio ancora, come chiarisce Andrea Novelli, Presidente dell’ Associazione Nazionale Dislessia (AID), “la dislessia è una caratteristica, una neurodiversità”. Non essendo una patologia, dalla dislessia non si guarisce: esistono dei percorsi riabilitativi e degli strumenti compensativi che consentono alle persone dislessiche di apprendere senza problemi e, in alcuni casi, di trasformare questo “ostacolo” in un punto di forza.

La dislessia ha un’origine neurobiologica, ma il contesto scolastico e familiare in cui cresce un bambino influenza la manifestazione del disturbo. Un disturbo che può essere confuso con una mancanza di forza di volontà da parte dello studente. “Un bimbo che ha poche possibilità socioculturali ed economiche può non avere accesso alla riabilitazione, spesso privata, e magari a scuola verrà considerato svogliato”, ci spiega Novelli.

La diagnosi di dislessia si fa al termine del secondo anno di elementari, non prima. In caso di diagnosi, “la riabilitazione va seguita nei periodi tra la seconda, la terza e la quarta elementare: più si va avanti, meno è efficace”.

Il problema è che in Italia i centri che offrono servizi di neuropsichiatria infantile (si occupano della diagnosi e della riabilitazione) hanno difficoltà strutturali e poco personale. E con la pandemia la situazione è peggiorata: “Le chiusure hanno allungato le liste d’attesa, a volte non si riesce nemmeno ad accedere ai servizi”, dice il Presidente dell’AID.

In Italia i numeri mostrano che “solo” il 5% dei bambini che vanno a scuola ha un DSA: “Significa che c’è un sommerso diagnostico”, sostiene Novelli, secondo cui è “importante che le scuole segnalino” i casi sospetti. Non tutti gli insegnanti sono attenti e informati allo stesso modo, e la diagnosi potrebbe arrivare tardi. O addirittura non arrivare.

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Popolari

Exit mobile version