AFRAGOLA – Abbiamo delineato nello scorso articolo (leggi qui) i vari scenari dei due Consigli Comunali che si formeranno il prossimo 18 ottobre all’indomani dello scrutinio del ballottaggio tra Antonio Pannone e Gennaro Giustino e dando uno sguardo anche alle preferenze, si possono già cominciare a delineare le prime analisi del voto.
Chi ne esce con le ossa rotte da questa prima fase della tornata elettorale è sicuramente Gennaro Giustino che, durante la pre e la campagna elettorale, ha sbandierato, in tutti i luoghi e in tutti i laghi la propria vittoria al primo turno con un vantaggio stratosferico, contando la propria lista “A viso Aperto” formata da vari big a più di seimila voti. La sua lista non è andata oltre alla conferma del dato storico del 2018, considerando che all’epoca nella lista giustiniana non erano presenti candidati del calibro di Benito Zanfardino, Antonio Caiazzo, Raffaele Fusco e Anna Izzo, ma il dato politico sconcertante non esce fuori da questo.
In caso di vittoria di Gennaro Giustino all’interno del Consiglio Comunale si conteranno, oltre i suoi fedelissimi ex consiglieri Lello Botta e Gennaro Davide Castaldo, ben altri sette ex consiglieri, questi ultimi tutti facenti parte dell’ex maggioranza di Claudio Grillo. Se andiamo ad analizzare solo il consenso raccolto dagli ex consiglieri di maggioranza totalizziamo una cifra pari a 6139 voti. Allora la riflessione è d’obbligo.
Tolti questi voti dal consenso di Gennaro Giustino, la coalizione di centro avrebbe collezionato solo 5783 voti che in confronto alle 6003 preferenze collezionate da Antonio Iazzetta avrebbero collocato la coalizione centrista al terzo posto della competizione.
Ovviamente con questo non voglio dire che quei sette sarebbero restati a casa, ma se non fossero stati arruolati artatamente da Gennaro Giustino, si sarebbero comunque collocati anche altrove, quindi avrebbero distribuito il consenso in parti uguali e alcuni per forza di cose non sarebbero stati candidati perché rifiutati dal loro alveo naturale.
Ma evidentemente, al di là dei proclami megalomaniaci fatti in campagna elettorale, Gennaro Giustino, in cuor suo, sapeva di non aver creato nulla in questi anni, di non aver aggregato né tanto meno di aver costruito un progetto politico serio e credibile, ecco perché nel giro di poche settimane, ha dovuto otturarsi il naso – come si dice in gergo – e arruolare gli “scarti” di altre coalizioni. Tutto questo lo dimostrano i fatti, i numeri, i consensi che gli ex consiglieri di maggioranza, i cosiddetti “mutilli”, ancora portano in dote. Numeri che stabiliscono che oltre i sette consiglieri ex grilloidi, c’è il “nulla atomico” sempre per usare la sua terminologia. Altro che storia politica.
Un dato ancora più allarmante per Gennaro Giustino e che sconfessa tutto quanto da lui stesso dichiarato anzitempo è la differenza tra il consenso personale e i voti di preferenza. Un peso specifico che conta in fase di ballottaggio. Con i suoi 160 voti di differenza in confronto alle proprie liste si stabilisce un principio sacrosanto: la città non vuole Giustino, ha votato i candidati al Consiglio Comunale, coloro – questo detto da lui stesso – che vivono per lo status di consigliere, per il “lampione della luce” o per poter fare il Presidente del Consiglio. In questa tornata elettorale Gennaro Giustino, per la gente, non ha rappresentato né il voto di protesta né l’elemento di rottura o di novità ma semplicemente un’accozzaglia di voti, raggruppati qua e là senza una vera identità. In effetti, con la coalizione di centro e con i risultati di ieri non si può parlare di alternativa al dualismo Tuccillo-Nespoli, i numeri dimostrano il contrario.
Il vero vincitore di questa prima fase è senza ombra di dubbio l’ex Senatore Nespoli. Accusato di aver formato lui le liste – come se formare le liste equivalesse ad ammazzare – riesce a piazzare, laddove Pannone risultasse vincitore al ballottaggio, non solo i suoi fedelissimi, accuratamente distribuiti nelle varie liste, ma contestualmente a portare anche una ventata di rinnovamento della classe dirigente all’interno del Consiglio Comunale. Infatti anche se nei numeri si equivale alla coalizione di centro (9 ex Consiglieri e 6 nuovi consiglieri), il dato risulta essere diverso, perché i nove della coalizione di centrodestra sono nomi che oggettivamente hanno fatto parte del progetto messo all’impiedi dal leader del centrodestra, provenienti da quell’alveo naturale dove hanno sempre militato.
L’ex Senatore Nespoli vince anche un’altra battaglia, quella personale, quella familiare. Candidando la nipote Chiara Nespoli al posto del transfugo altro nipote Camillo Giacco, riesce a dimostrare a sé, alla famiglia e al territorio che rimane ancora lo stratega che tutti conoscono ad Afragola, tanto è vero che Chiara colleziona 819 preferenze, risultando la prima della lista “Nuova Città” mentre il cugino si ferma solo a 170. Dimostrazione oggettiva che non tutta la famiglia ha appoggiato la scelta dell’ex Assessore all’ambiente di passare tra le fila di chi, un giorno si e l’altro pure, vomita odio addosso ad un loro familiare.
Vincitore morale, invece, di questa prima fase è senza ombra di dubbio Antonio Iazzetta, dove i pronostici, anche dei più “fessi” sul territorio e dei voyeur senza distintivo, lo davano per spacciato ai limiti della figuraccia colossale, porta a casa il suo bottino di 813 voti di protesta, quell’elettorato liquido afragolese che voleva radicalmente un cambiamento sul territorio.
Infatti Antonio Iazzetta entrerà in Consiglio comunale, nella peggiore delle ipotesi accompagnato da un solo compagno di coalizione ma lo farà dall’alto dei suoi 6816 voti a differenza dei 6003 preferenze collezionate dalla sua coalizione, affermandosi l’unico candidato a Sindaco ad Afragola ad andare oltre i pronostici e superando i voti di preferenza e dimostrandosi di essere lui il vero portatore del voto di protesta.