Caserta

Droga ordinata su WhatsApp nel casertano: 90 anni di carcere per 6 pusher

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Durante la mattinata di oggi, venerdì 2 luglio, dinanzi al gup Carbone del tribunale di Napoli, il pubblico ministero della Dda Luigi Landolfi ha formulato le proprie richieste di pena.

Il pm ha invocato 12 anni per Giuseppe Sparaco, 41 anni di San Marco Evangelista; 12 anni per Antonio Leone, 41 anni di Recale; 18 anni per Immacolata Romanelli, 36 anni di Recale; 20 anni per Luigi Romanelli, 60 anni di Caserta; 16 anni per Daniela Massa, 34 anni di Caivano; 12 anni per Giuseppa Pascarella, 59 anni di Caserta.

Si tornerà in aula a metà settembre per le discussioni del collegio difensivo di cui fanno parte gli avvocati Nello Sgambato, Angelo Raucci, Orlando Sgambati e Giuseppe Stellato.

Sei richieste di condanna, dunque, a carico di altrettanti imputati che hanno scelto il rito abbreviato nel corso dell’udienza preliminare avviato per l’inchiesta sullo spaccio di droga tra Caserta, San Nicola la Strada, San Marco Evangelista e Maddaloni.

L’indagine, che aveva coinvolto complessivamente 26 persone, ha consentito di far luce su un traffico di droga, prevalentemente cocaina che aveva come centro operativo l’area tra Santa Maria a Vico e San Felice a Cancello per poi essere smerciata in altri luoghi della provincia di Caserta, come Maddaloni e San Marco Evangelista.

Le cessioni di stupefacenti ai consumatori, avvenivano principalmente in modo “itinerante” cioè previo contatto telefonico da parte degli acquirenti al loro pusher di riferimento.

Le conversazioni, sempre brevissime e criptiche, erano incentrate, tra i due dialoganti, dapprima sul reciproco chiedersi dove si trovassero e successivamente sull’accordarsi sul punto del loro incontro che variava di volta in volta, sulla base della posizione dello spacciatore il quale, solo al momento, decideva se effettuare personalmente la consegna o mandare un suo “collaboratore”.

Il lasso di tempo che trascorreva dalla telefonata all’incontro, era stimato in un massimo di dieci minuti. Spesso per le loro comunicazioni i pusher facevano ricorso anche ad altre forme di comunicazione come WhatsApp o messanger di Facebook.

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