Svolta nell’inchiesta sulle presunte violenze nei confronti dei detenuti, avvenute il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, nel casertano. In particolare, gli agenti, hanno eseguito 52 misure cautelari, nei confronti di appartenenti al corpo della Polizia Penitenziaria, coinvolti negli scontri con i detenuti, che avvennero in pieno lockdown. Arresti domiciliari per Gaetano Manganelli, ex comandante dell’istituto penitenziario casertano e per Pasquale Colucci, comandante del Nucleo Traduzioni e Piantonamenti. Gli scontri e i presunti pestaggi, avvennero durante una protesta innescata da centinaia di carcerati, dopo la notizia di un caso di positività al Covid-19 tra le mura dell’istituto casertano. La notizia, generò la reazione di almeno 150 detenuti, che si barricarono in cella e poi, diedero vita ad azioni di protesta, che degenerarono in scontri con gli agenti. Il garante dei detenuti di Napoli e l’associazione Antigone, denunciarono in Procura violenti pestaggi e presentarono file audio e foto di un uomo in cella, con i segni di presunte manganellate.
Il SAPPE, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, esprime sorpresa ed amarezza alla notizia delle misure cautelari, attraverso le parole del segretario generale Donato Capece. Ecco le sue parole: “A noi sembrano provvedimenti abnormi, considerato che dopo un anno di indagini, mancano i presupposti per tali provvedimenti, ossia l’inquinamento delle prove, la reiterazione del reato ed il pericolo di fuga”.
Anche il Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria, Gennarino Di Fazio, ha voluto esprimere il suo sgomento: “Continuiamo a nutrire incondizionata fiducia nella magistratura e, più in generale, negli organi inquirenti, nonostante la spettacolarizzazione che abbiamo denunciato durante la prima fase delle indagini, ma nutriamo altrettanta fiducia nella generalità degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, al di là di possibili casi isolati di eccesso o, addirittura di agenti infedeli, che vanno individuati, isolati e perseguiti. Tuttavia, se le proporzioni fossero davvero quelle che sembrano emergere, quanto accaduto confermerebbe che il sistema complessivo non funziona, che l’esecuzione carceraria va reingegnerizzata e che l’Amministrazione penitenziaria va rifondata”.