Aldo Gioia, ucciso con 14 coltellate nella sua casa del centro di Avellino, potrebbe essere stato ucciso da più persone e non soltanto dal fidanzato della figlia, il 23enne Giovanni Limata.
È questa l’ipotesi sulla quale sta lavorando la Procura di Avellino, che ha chiesto una perizia sull’arma del delitto, il coltello da caccia rinvenuto poche ore dopo dalla Polizia nell’abitazione del 23enne.
Gli inquirenti, attraverso l’accertamento tecnico irripetibile, vogliono appurare se quel coltello sia stata l’unica arma usata e se i fendenti siano stati sferrati da una sola persona: ci si chiede se Limata avesse un complice che, oltre a partecipare alla panificazione, avrebbe preso parte anche materialmente all’omicidio.
Come è noto il 53enne fu colpito, mentre dormiva sul divano, durante la notte del 23 aprile scorso.
A chiamare i soccorsi era stata la figlia diciottenne, Elena Gioia, che aveva parlato confusamente di ladri che erano entrati nell’appartamento.
La verità sarebbe emersa poco dopo: la Squadra Mobile di Avellino aveva rintracciato a Cervinara il 23enne, che subito aveva confessato.
Aveva fatto ritrovare il coltello e aveva raccontato che il piano prevedeva lo sterminio di tutta la famiglia: dopo Aldo avrebbe dovuto uccidere anche la moglie e l’altra figlia, ma era scappato perché l’uomo aveva reagito e aveva urlato.
A organizzare il tutto sarebbe stata la fidanzata, figlia minore della vittima. Versione respinta dalla famiglia di lei, secondo cui la 18enne era invece stata plagiata.
Adesso i due sono entrambi nel carcere di Avellino, tra i detenuti comuni.
Elena Gioia ha revocato l’incarico ai suoi legali, gli avvocati Vanni Cerino e Fabrizio D’Urso: è la terza volta in meno di un mese che le giovane sceglie di affidarsi a un nuovo difensore, la decisione verrà comunicata entro domani.
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