Il 13 maggio del 1981, in piazza San Pietro, durante l’udienza generale, Papa Giovanni Paolo II si accascia sulla papamobile ferito da due colpi di pistola sparati dal terrorista turco Ali Agca. Sottoposto ad un intervento di 5 ore e 30 minuti, si salva. Due anni dopo, nel Natale del 1983, fa visita in prigione al suo attentatore e lo perdona: “Ho parlato con lui come si parla con un fratello, al quale ho perdonato e che gode della mia fiducia. Quello che ci siamo detti è un segreto tra me e lui“, dirà il Pontefice. Il proiettile che gli aveva perforato il torace e che avrebbe potuto ucciderlo è ora incastonato nella corona della statua della Madonna di Fatima, celebrata il 13 maggio.
Dopo quarant’anni da quel terribile giorno, il cardinale Dziwisz, che era lì con Papa Giovanni Paolo II, ha confidato:
“Non potrò mai dimenticare il rumore dei colpi di pistola dell’attentatore, che in un solo momento avrebbero potuto porre termine a quello straordinario pontificato”.
E naturalmente ripassano davanti ai suoi occhi, altre immagini. «La terribile gara col tempo per non perdere la sua vita», quando da piazza san Pietro l’ambulanza con il papa gravemente ferito a bordo si inerpicò sulla collina di Monte Mario per raggiungere il Gemelli.
“Ricordo i dottori – continua il cardinale Dziwisz –, il personale medico e tutti i servizi e le persone la cui collaborazione permise la salvezza di san Giovanni Paolo II”. E non può passare in secondo piano quella grande catena di preghiera che unì tutto il mondo, a partire da Roma e dalla Polonia. In particolare “la Marcia Bianca di Cracovia – dice il cardinale – e tutte le altre iniziative intraprese sino ai confini della terra per la salvezza del Santo Padre“.