La Confederazione Imprese e Professioni di Napoli, che associa commercianti, imprenditori, ristoratori e professionisti sta lanciando una class action per chiedere al governo i danni sui costi che hanno dovuto sostenere in questo anno di chiusura.
I ristori previsti coprono più o meno il 4% del fatturato mensile (una cifra palesemente ridicola), che non tiene conto dei costi fissi che si stanno accumulando di mese in mese. Le manifestazioni di piazza non servono a nulla, per cui si è deciso di agire per vie legali. Non è giusto che lo stato chiuda le aziende senza fornire poi i mezzi per superare il periodo di fermo, tanto più che lo Stato e gli enti locali stanno continuando a chiedere agli esercenti il pagamento delle tasse (le cartelle rottamate sono relative agli anni passati, tutti i tributi attuali sono pretesi comunque) e nulla è stato pensato per i fitti: molti negozi/ristoranti si trovano oggi a fare i conti con gli sfratti per morosità.
Si prevede che al 30 giugno saranno costrette a chiudere tantissime attività, per non parlare del grosso problema delle infiltrazioni della malavita nella gestione economica del tessuto imprenditoriale di tutto il paese. L’ iniziativa é dedicata anche ai codici ATECO che sono stati “dimenticati” nei precedenti decreti e a quelle aziende che hanno già chiuso o dichiarato fallimento. Chi non ha la possibilità di affrontare le spese potrà avvalersi del gratuito patrocinio. La nostra speranza é che la class action serva a risvegliare l’attenzione dello Stato sulle partite iva, che da Conte a Draghi continuano a essere invisibili. La class action napoletana ha avuto adesioni da tutte le regioni d’ Italia e in pochi giorni ha raccolto più di 500 iscritti.