I carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno arrestato questa mattina all’alba il boss Giuseppe Calvaruso, ritenuto capo del mandamento mafioso palermitano di Pagliarelli.
E’ stato tradito dalla Pasqua che ha pensato di trascorrere qui in Italia con la famiglia dopo un lungo viaggio di ritorno dal Brasile.
E così all’alba di oggi, lunedì 5 aprile, i carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno arrestato Giuseppe Calvaruso, ritenuto capo del mandamento mafioso palermitano di Pagliarelli ed erede del boss Settimo Mineo.
Da tempo l’uomo si era trasferito in Brasile e, secondo gli inquirenti, avrebbe gestito da lontano gli affari mafiosi in Italia e avrebbe anche “individuato di volta in volta gli uomini più affidabili per la gestione degli affari delle famiglie mafiose a lui subordinate ed in particolare Giovanni Caruso quale suo personale referente nel corso della propria assenza dal territorio italiano, avendo soggiornato Calvaruso per molto tempo in Brasile“.
I militari lo hanno fermato nell’ambito dell’operazione Brevis mentre era con la propria famiglia in occasione delle festività pasquali.
Con lui sono finiti in carcere anche Giovanni Caruso, 50 anni, Silvestre Maniscalco, 41 anni, Francesco Paolo Bagnasco, 44 anni, Giovanni Spanò, 59 anni: tutti sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, lesioni personali, sequestro di persona, fittizia intestazione di beni, tutti reati aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose.
Il provvedimento è stato emesso dai pm Federica La Chioma e Dario Scaletta, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.
Nel corso delle lunghe indagini portate avanti dall’Arma è emerso come il boss avrebbe mantenuto negli anni contatti con gli esponenti principali dei mandamenti mafiosi di Porta Nuova, Noce, Villabate, Belmonte Mezzagno per la trattazione di affari mafiosi.
Inoltre, da tutti considerato come “uomo d’onore“, avrebbe anche assicurato “l’ordine pubblico” sul territorio, “autorizzando e prendendo parte a un violento pestaggio ai danni di autori di alcune rapine non autorizzate dai vertici mandamentali“.
Infine avrebbe “assicurato il mantenimento in carcere dei detenuti appartenenti alle famiglie mafiose del mandamento oltre ad aver gestito, per il tramite di prestanome, il controllo di attività economiche dentro e fuori il territorio del mandamento“.