Dialogare con chi ha qualcosa da dire e da trasmettere è sempre arricchente. Credo di non essermi mai evoluto abbastanza dalla fase adolescenziale dei “perché?” sparati a raffica, sono un curioso di natura. E ho deciso di dare un senso a questa voglia continua di scoperta, ponendomi anche nella condizione di fare domande senza che ciò possa infastidire qualcuno. E allora eccomi qui, munito di un cellulare, di un’asta con la luce a led e di un piccolo microfono, pronto a chiacchierare con alcuni architetti napoletani.
Questa idea di realizzare video/dialoghi, promossa dall’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori di Napoli e Provincia, è nata durante il periodo del look down, quando tutti abbiamo dovuto usare esclusivamente la rete, internet e la tecnologia per comunicare. È stato, quindi, istituito presso il suddetto Ordine il “Tavolo di emergenza Covid19”.
Lo scopo del Tavolo è quello di ricercare, proporre e sperimentare nuove tipologie progettuali che tengano conto della pandemia. D’altra parte è anche una questione di spazio: la prima misura suggerita dai virologi (poi diventata legge) è stata quella di “rispettare le distanze”. E lo spazio, si sa, è il materiale primario usato da un architetto per realizzare il suo lavoro.
Il tema che si è deciso di affrontare è quello della luce, sia essa naturale che artificiale. Nello specifico: Architettura: dall’Emergenza alla Luce.
Ne parliamo, in questo primo video/dialogo (allegato di seguito) con Massimo Pica CIAMARRA, architetto napoletano di fama internazionale, con il quale ho la fortuna di collaborare professionalmente (già, faccio l’architetto) e che ha progettato e realizzato opere importantissime in Italia e oltre. Giusto per citarne qualcuna, restando a Napoli, ricordiamo Città della Scienza e il Complesso Universitario di Monte Sant’Angelo.
Quando lo incontrai la prima volta presso il suo studio – molti anni fa ormai – rivolgendogli la parola gli feci: «Maestro…». Allora, con un fare sbrigativo, interrompendomi subito, e arricciando le sopracciglia mi disse: «Ma quale “maestro”, mi chiamo Massimo».
La vera competenza non ha alcun bisogno di gonfiare il proprio ego, è umile, molto umile.
L’architetto, Pica Ciamarra, è anche impegnato neldibattito teorico attraverso la pubblicazione di studi, ricerche, e partecipando attivamente, spesso pure come organizzatore, a convegni e congressi di respiro internazionale.
Prima di lasciarvi alla visione del video/dialogo in fondo all’articolo, voglio citare una sua espressione che trovo illuminante e che ne sintetizza la poetica del fare:
«L’architettura come “edificio” in sé stesso mi interessa poco. Ogni edificio non è altro che il pezzo di uno spazio dove gli uomini devono vivere e contribuisce a definire l’ambiente di vita. L’architettura si differenzia dalle altre espressioni umane perché è sempre un frammento del tutto. Mi interessa sapere, piuttosto, la capacità che un edificio ha di contribuire alla creazione di uno spazio di relazioni umane».