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Macerie e distruzione: Beirut clichè per la “paura atomica”

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Le raccapriccianti foto che rappresentano una Beirut distrutta, il giorno dopo l’esplosione, riportano uno spettro: la paura atomica.

Nella capitale libanese si continua a scavare tra le macerie per cercare di portare in salvo le persone rimaste intrappolate. Siamo a più di 113 morti, 4 mila feriti e più di 100 dispersi. Senza contare le circa 300.000 persone rimaste senza casa. Un bilancio drammatico e purtroppo destinato a salire.

Il ministero dell’Interno ha confermato le indiscrezioni dei media: il materiale “estremamente volatile”, cioè il nitrato di ammonio che ha dato origine alle esplosioni, era stato immagazzinato in un locale all’interno del porto sei anni fa, nel 2014.

Il materiale fu confiscato ad una nave con bandiera moldava, per questo sono agli arresti domiciliari tutti i funzionari del porto della città che erano responsabili dello stoccaggio della sostanza.

Ma non è tutto: oltre al danno immane e alle tantissime vittime istantanee, l’esplosione ha riportato in auge una drammatica visione della ‘corsa agli armamenti’. Le sostanze tossiche rilasciate dalle esplosioni hanno spinto il governo libanese a emanare lo stato di Emergenza.

Le immagini che stiamo vedendo ricordano le due esplosioni di Hiroshima e Nagasaki. Anche li la storia la conosciamo. Poi Chernobyl, oggi Beirut.

È davvero tutto ‘così inevitabile’? La domanda sorge spontanea, la risposta vien di conseguenza. La causa di tutto è sempre l’uomo.

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