Ambiente

Come evitare il contagio all’aperto

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Molti sono gli scienziati che sostengono che uscendo all’aperto il rischio di restare contagiati dal coronavirus sia sensibilmente ridotto rispetto al restare in luoghi chiusi, grazie alla rarefazione delle particelle virali nell’aria e anche ai raggi del sole.

Da oggi in Italia ha avuto inizio la fase della convivenza con l’epidemia, avendo riaperto la maggior parte delle attività ed essendo stata ripristinata la libertà dei cittadini. Non sarà infatti più necessario giustificare con l’autocertificazione la propria presenza in strada, a meno che non ci si sposti in un’altra Regione.

Complice la bella stagione, moltissime saranno le persone che torneranno a invadere spazi all’aperto come parchi, piazze, giardini, spiagge e altri luoghi di ritrovo. Ma quali sono i rischi?

Pur potendo circolare liberamente nella propria regione, è vietata qualunque forma di assembramento, va assolutamente rispettato il distanziamento sociale di almeno un metro, ed è obbligatorio l’uso della mascherina.

Queste misure hanno un solo obiettivo: evitare il contatto con il droplet, le goccioline che espelliamo quando tossiamo, starnutiamo o semplicemente parliamo, all’interno delle quali può trovarsi la carica virale sufficiente a scatenare l’infezione. Anche se le goccioline possono superare il metro il “grosso”, come spiegato a Fanpage dal professor Fabrizio Pregliasco, virologo presso l’Università degli Studi di Milano, cade nel range dei 60 centimetri.

Secondo molti studiosi uscire all’aperto, soprattutto in questo periodo dell’anno, è più sicuro che starsene rinchiusi in un ufficio o al centro commerciale. Andare fuori casa è infatti importantissimo per la salute. Lo ha dichiarato anche la professoressa Julia L. Marcus, docente presso la prestigiosa Scuola di Medicina dell’Università di Harvard, al New York Times. La ragione principale è la rarefazione delle goccioline sospese nell’aria che potrebbero contenere il virus e che all’aperto si diradano.

Non tutti sanno, infatti, che per restare infettati non è sufficiente una singola particella virale, che verrebbe efficacemente distrutta dal sistema immunitario, ma una carica consistente che una volta a contatto col nostro organismo sia in grado di abbattere le difese e avviare la replicazione all’interno delle cellule, determinando così l’infezione.

Se alla rarefazione all’aria aperta si aggiungono le temperature più alte di questo periodo, che fanno evaporare rapidamente le goccioline, e i raggi UV del Sole che sembrano efficaci nella distruzione del coronavirus, il rischio appare sicuramente limitato

Questo non vuol dire, però, che bisogna lasciarsi andare. Oltre alle norme relative a distanza, igiene delle mani e dispositivi di protezione individuale, è molto importante non scambiarsi cibo, non condividere oggetti e bevande. Non bisogna poi dimenticare che diversi studi hanno dimostrato che il virus può resistere fino a tre giorni su acciaio, plastica e altri materiali. E’ dunque consigliabile pulire quasi ossessivamente le mani col disinfettante e fare estrema attenzione a ciò che si tocca. Più liberi sì, ma con cautela.

 

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