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Melito come Firenze. Riecco il “modello Carpentieri” fra errori, faide e storie non scritte

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Melito – La storia corre veloce. A volte troppo. E spesso gli attori in campo, per una serie di motivi, non riescono a tradurre tempi e metodi in quanto prigionieri di un mondo che non c’è più. La questione legata alla mozione di sfiducia al Presidente del Consiglio Comunale, Nunzio Marrone, continua a tenere banco in città. In consiglio comunale la maggioranza, in sede di votazione, dovrà trovare i numeri sufficienti (17) affinché la mozione diventi esecutiva. Una scelta che resta discutibile, senza ombra di dubbio. Ne abbiamo discusso ampiamente nei giorni scorsi alimentando il dibattito in città. Ma se Atene piange, Sparta non ride. O almeno dovrebbe sforzarsi a sorridere. Inutile girarci intorno. Il capitolo “anti Marrone” rappresenta per il centrosinistra l’opportunità per ripartire e dimenticare i grandi errori del passato. Una prova di maturità che l’opposizione consiliare non può e non deve fallire. Ma andiamo con ordine. La storia recente insegna. Amente vince le elezioni grazie agli errori del centrosinistra. O meglio, ai terribili terremoti politici che il centrosinistra al suo interno ha provocato ed alimentato per autodistruggersi. Rabbia e sangue. Fallimenti su fallimenti.

Il “modello Carpentieri” è stato, o poteva essere, la culla del pensiero renziano al Sud. Carpentieri sindaco, benché giovanissimo, e segretario provinciale del partito, e Michela Rostan, deputata Pd a poco più di 30 anni. Da qui si sarebbero gettate le basi per formare una nuova classe dirigente che avrebbe potuto e dovuto percorrere palcoscenici importanti. Con l’ausilio dei padri nobili del centrosinistra in città come Bernardino Tuccillo, sindaco Ds anticamorra di Melito negli anni Novanta. Un vero e proprio progetto politico in provincia di Napoli nel solco della rottamazione renziana. Melito come Firenze. Ed invece no. Chi conosce la storia di quegli anni sa bene che la litigiosità interna prevalse sulla possibilità di garantire alla città un vento nuovo. Niente di più terribile. Niente di più sbagliato. Gli attori in campo che posero fine a quell’esperienza regalarono nei fatti la città ad Antonio Amente anziché stringersi attorno all’unico modello politico in cui il centrosinistra si è rivisto per poter governare la città. Il declino dei “colonnelli renziani” ha avuto il suo apice alle scorse Amministrative. I pezzi del “miracolo Carpentieri” si spaccarono in 3 tronconi. Il Pd si presentò alle urne da solo con Carpentieri candidato sindaco. I Verdi con Lello Caiazza e Mdp con l’ex Presidente del Consiglio Comunale, Pierino D’Angelo. Una scelta scellerata che affondava le radici nella storia e nel tempo. I risultati sono tuttora sotto gli occhi di tutti.

C’è chi ancora oggi addebita il disastro democratico all’ex sindaco Carpentieri come unico responsabile della storica disfatta. Sicuramente il leader del Pd ha le sue enormi colpe da sindaco in carica. E lui è il primo ad ammetterlo. Ma chi decise di spedirlo a casa, o chi dagli scranni parlamentari non riuscì a garantire l’unità del centrosinistra nella sua città, non solo tradì il mandato elettorale dei cittadini. Ma riuscì a picchiare e distruggere l’argine del sistema. Un limite apparentemente invalicabile oltre il quale c’era il nulla assoluto.
Ed ecco perché all’appuntamento della verità, il centrosinistra dovrà ragionare e ricordare quei valori che condussero Carpentieri alla vittoria. Con tutti i fattori di quell’esperienza che rappresentò per tantissimi cittadini che la scelsero attraverso il voto popolare, l’unica strada da percorrere, l’occasione irrinunciabile per guardare lontano e lasciarsi alle spalle anni bui e deviati. In altre parole, l’ultima sinfonia che avrebbe lanciato la città verso un orizzonte diverso da quello storicamente rappresentato. Quegli stessi valori che potevano aprire un ciclo politico interminabile e che invece si è interrotto prima di cominciare. Ricomporre i pezzi è difficile, arduo, ma non impossibile. Al voto sulla mozione di sfiducia servirà unità e compattezza. Perché oramai è diventato un ritornello. Se il centrosinistra si divide su personalismi e rancori che lasciano il tempo che trovano, Amente ha vita facile. Facilissima. E può vincere per altri 100 anni sulle macerie altrui. Oltre l’orticello e le poltrone, esiste qualcos’altro di molto più grande. Il tempo continua a essere galantuomo per tutti.

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