CAIVANO. C’ho messo un bel po’ per parlare di nuovo del mio paese natio ed ero sicuro che in tutto questo tempo nulla sarebbe cambiato, così come avviene da più di una trentina d’anni ormai.
Logicamente su quelle che erano i motivi dello stallo e da dove si permettesse la permeabilità della criminalità organizzata nella macchina comunale, Minformo ci è arrivato per primo, ma tutti, forse sbagliando o in mala fede, hanno ritenuto opportuno dire che il sottoscritto era al soldo della politica, quella stessa politica che in tutto questo trambusto ne è rimasta vittima.
Scommetto che nessuno dei caivanesi, si è letto accuratamente la relazione di scioglimento e nessuno avrà letto quella che è stata pubblicata nelle sentenze di incandidabilità. Perché leggendo quei documenti, almeno per chi riserva ancora un minimo d’amore per questa dannata terra, ti si attraversa lungo la schiena un brivido intenso fino a rimbombarti un vuoto nello stomaco al punto da farti stare male.
La camorra non è più berretto e lupara, come ogni cosa anch’essa si è evoluta e a Caivano ha imparato a fare affari con la macchina burocratica, grazie a dei responsabili di settore che, come si legge dal dispositivo – “L’intero apparato amministrativo è stato retto dai responsabili dei servizi che hanno dimostrato inadeguatezza professionale, incapacità organizzativa e particolare perseveranza nei propri errori, il che li ha resi permeabili agli indebiti condizionamenti del potere politico, nonché alle pressioni provenienti dalla criminalità organizzata” – hanno permesso che la criminalità organizzata facesse affari ai danni dei cittadini.
La camorra, mafia o come dir si voglia, a Caivano è presente ovunque e la macchina comunale non poteva essere esente. Ella si nasconde tra patti e accordi che hanno una sola meta, il vil denaro. La camorra a Caivano è presente negli appalti, siano essi di natura sociale che pubblica. Dallo scioglimento si è scoperto che qualsiasi aggiudicazione è stata contaminata da forti pressioni o da commistioni da parte della criminalità organizzata. A partire dalla manutenzione al cimitero, fino alle lampade votive. Per non parlare della condotta reiterata dei dirigenti comunali ad affidare in maniera diretta gli appalti e la richiesta spropositata di somme urgenze che rendono ancora più ampia la permeabilità dell’ingerenza criminale.
A tutto questo un rimedio c’è e la legge lo consente. il quinto comma dell’art. 143 del D.Lgs. 267/00 – che non sarebbe altro l’adozione del provvedimento dello scioglimento – recita: “Anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell’ente locale, con decreto del Ministro dell’interno, su proposta del prefetto, è adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospensione dall’impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell’autorità competente”.
E questo comma, il Prefetto Pagano, l’ha applicato. Il Prefetto Pagano il 9 Aprile del 2018 ha chiesto al Ministro degli Interni che ben cinque responsabili di settore, venissero sospesi, destinati ad altri uffici o altre mansioni, onde assicurare la cessazione di ogni pregiudizio al buon andamento di quella pubblica amministrazione e ricondurre alla normalità la gestione dell’ente.
Ora ci si domanda. Perché tra tutti i politici e responsabili dei settori citati nella relazione, quasi tutti ancora oggi, rispettivamente, frequentatori di personaggi di spicco della criminalità organizzata e rimasti al loro posto a commettere gli stessi errori, a pagare è stato solo chi, seppur colpevole e pur volendo, non poteva reiterare nessun tipo di reato?
La domanda la sottopongo principalmente ai Commissari Prefettizi: come mai quei cinque dirigenti, rei, da quello che si legge sulla relazione, della permeabilità della criminalità organizzata all’interno dei settori, siedono ancora al loro posto di comando e per loro non è stato applicato il quinto comma?
Per chi come me che queste risposte non le avrà mai, in caso contrario ospitiamo volentieri i Commissari prefettizi di Caivano nella nostra redazione, l’unica cosa che riesce a pensare è che forse Caivano sia stata venduta al migliore offerente, proprio perché qui lo Stato ha già perso!
Credetemi se vi scrivo che la situazione è più che drammatica. Nessun nuovo sindaco riuscirà a risollevare le sorti di questo dannato paese. A meno che il prossimo che arriva non fonda il proprio programma sullo spostamento programmatico di tutti i responsabili di settore dai posti di potere, non rescinda tutti i contratti di appalti e rifaccia ogni singola gara nella massima trasparenza, non ci si circonda da portavoti fomentatori di clientele e che rimane fermo sulle proprie posizioni anche quando appare impopolare. Poiché non ci dimentichiamo mai che se Caivano è in questo stato, la principale colpa è dei caivanesi.