I dati calcolati dall’UPB (Ufficio Parlamentare di bilancio) sono molto pesanti. Infatti, se l’anno prossimo tutti i lavoratori destinatari della riforma delle pensioni, che introduce la quota 100 (62 anni di età e 38 anni di contributi), decidessero di anticipare l’uscita dal mondo del lavoro, ci si troverebbe davanti ad una spesa pensionistica lorda di 13 miliardi di euro.
Inoltre l’ufficio di bilancio ha scoperto che, nel caso in cui un lavoratore, grazie a quota 100, decidesse di andare in pensione prima rispetto a quanto prevedeva la riforma Fornero, lo stesso lavoratore otterrebbe un assegno pensionistico più basso del 34% rispetto a quello che avrebbe ricevuto nel 2025 per il pensionamento con l’età di vecchiaia (67 anni). L’esecutivo, però, si è preoccupato di specificare che la riduzione dell’assegno non è un taglio netto, ma solo una conseguenza dell’aver versato meno anni di contributi. Infatti Claudio Durigon, Sottosegretario di Stato del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha precisato: “Chi andrà in pensione con quota 100 non subirà nessun taglio. Non ci sarà nessuna penalizzazione sulla rata pensionistica. La nostra proposta non toglierà nulla a chi andrà in pensione anticipatamente. Chiaramente chi uscirà con quota 100 avrà una rata basata sugli effettivi anni di contributi e non anche sugli anni non lavorati“.
Gli uomini, pensionati anticipatamente, saranno in numero maggiore rispetto alle donne, visto che gli uomini hanno una maggiore maturità pensionistica. Infine l’UPB ha anche segnalato che la potenziale platea è costituita per il 43% da dipendenti privati e per il 36% da dipendenti pubblici.