MARANO di NAPOLI – Un Partito democratico distratto, chiuso nelle proprie idee, distante dalla realtà e distinto dal resto della popolazione, non riesce a ragionare in termini di interesse collettivo e si crogiola, come sempre, nell’austerità che fu del proprio simbolo, non accorgendosi che i tempi cambiano e se alle scorse politiche non è riuscito ad andare oltre il 19% è forse perché non riesce a fare una seria introspezione e un’attenta analisi che riporti i lavori politici sui passi delle vere ideologie che lo hanno visto nascere.
Stessa cosa accade anche nella segreteria cittadina che già nel 2013, con una guerra fondata sul personalismo sterile, portò alla candidatura a sindaco di Palladino di “Italia dei Valori” a discapito di Morra candidato dem alle primarie che non era ben visto da una frangia dissente all’interno del PD maranese. Da allora nulla è cambiato. Al di là degli sforzi del segretario cittadino Ettore Amore che dichiara su alcuni organi di stampa locali: “Ho lavorato alacremente per tenere unito il Pd in questa fase ed anche in altre e devo dire che anche gli altri membri della segreteria hanno perseguito lo stesso obiettivo”, il resto del direttivo cittadino a fare mea culpa proprio non ci riesce e mentre il centrosinistra prende la strada del rinnovamento, aggrappandosi agli ideali della società civile di sinistra e del suo candidato naturale e forse scelto Stefano Stanzione, il PD cerca di imporsi con la candidatura di Visconti facendo valere il bagaglio di voti che lo stesso ha collezionato alle ultime regionali nel 2015.
Non è escluso che per colpa della cocciutaggine politica dei dem maranesi, il PD possa naufragare di nuovo così come avvenuto alle scorse amministrative. Il difetto innato del partito di Martina cittadino è quello di voler fare a tutti i costi la parte del leone all’interno della coalizione di centro sinistra, quel centro sinistra che nelle ultime competizioni elettorali ne sta prendendo di sante ragioni a tutti i livelli.
La segreteria del PD maranese ancora una volta non riesce ad ascoltare quella frangia riformista che vorrebbe discutere sui temi e sui contenuti senza fare la conta dei consensi, specialmente se questa conta viene fatta al confronto con competizioni e tempi diversi. Il PD impone la candidatura di un Visconti che ai democratici può solo portare in dote il suo bottino delle regionali, certamente non si può parlare di ideali se si pensa che lo stesso ha tentato la scalata attraverso il Movimento 5 stelle e quindi ci si potrebbe chiedere a che corrente politica appartengono le idee del candidato del PD? Quelle sovraniste e giustizialiste del Movimento o quelle progressiste e garantiste appartenenti da sempre ad un uomo di sinistra? In questo modo c’è il rischio concreto che anche quel po’ di consenso ancora conservato dal PD si possa depauperare, proprio perché agli occhi dei più, il partito tricolore appare svuotato sia di interesse che di ideali.
Un dato politico da tutto quanto scritto esce fuori ed è quello che laddove il PD dovesse insistere nella candidatura di Visconti a tutti i costi, si ritroverebbe ancora una volta diviso tra quelli che vogliono restare aggrappati ad una politica, ormai, fallimentare e quelli che vorrebbero un rinnovamento serio, quale, nell’immediato, potrebbe essere quello di formare un’unica coalizione di centro sinistra con una sintesi che metta d’accordo tutte le parti in causa senza sollevare bracci di ferro inutili, il tutto per la rivalutazione della sinistra stessa. A questo punto poi, sarebbe curioso sapere come andrà a finire la storia e come si comporteranno i rinnovatori qualora il PD scegliesse di correre da solo con Visconti.