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Il mondo sta cambiando

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Sono passati tre mesi e più dall’elezione del 4 marzo 2018, non si calmano gli animi, ancora non c’è un dialogo istituzionale degno di questo nome tra le forze in parlamento e soprattutto si scatena, dai mezzi di comunicazione, una guerra mediatica senza precedenti in Italia. Sembra un remake di un film già visto, esattamente nel 1994, anno in cui con la stessa preponderanza Silvio Berlusconi scese in campo per battere la sinistra, allora “Progressisti” guidati da Achille Occhetto segretario del PDS. Due condizioni sociali ed economiche del tutto differenti, ricordiamo che le elezioni furono vinte dall’ex Cavaliere di Arcore con un patto di desistenza, consentito dal “Mattarellum”, l’accordo al Sud con Alleanza Nazionale e al Nord con la Lega di Umberto Bossi. Chiaramente fu lo straordinario successo elettorale di Forza Italia e quello personale di Silvio Berlusconi a trascinare gli alleati, ma a mio avviso, allora come oggi, più che per merito del centrodestra fu per demerito della sinistra che si arrivò a quel risultato. Solo per dovere di cronaca una cosa che determinò la sconfitta della sinistra fu anche l’idea di Mario Segni di fondare il Patto per l’Italia che erose non pochi voti tra i moderati, ma di sicuro, decisivo fu la comunicazione messa in campo dai tre contendenti. Mario Segni allora, come Renzi oggi, scomparve subito dalla partita, rimasero in campo in due Berlusconi e Occhetto.

Il Cavaliere si presentò come l’imprenditore, l’uomo del fare che al servizio della comunità avrebbe regalato la sua esperienza per cambiare le sorti dell’Italia, caduta nel baratro dopo Tangentopoli. Alleanza Nazionale propose ragionamenti liberali in alternativa ai temi nazionalistici che per mezzo secolo il Msi di Almirante aveva portato avanti. La Lega di Bossi invece puntò al rapporto di squilibrio fiscale tra Nord e Sud, a favore di quest’ultimo per il drenaggio di soldi che dalle laboriose regioni settentrionali arrivavano a Roma per foraggiare l’assistenzialismo dei meridionali. Tutto quello che la sinistra mise in campo non riuscì a frenare il ciclone Berlusconi, Achille Occhetto ne rimase travolto, soprattutto nel confronto televisivo condotto da Mentana. In un’epoca in cui era ancora forte l’ostracismo verso i partiti travolti da Tangentopoli, PSI e DC in testa, furono determinanti le parole usate da Occhetto per accendere quelle paure nell’elettorato moderato e scegliere Berlusconi e il nuovo sogno ispirato a Carl Popper, tradotto da Giovanni Baget Bozzo.

Le elezioni del 94’ furono perse dalla sinistra più che vinte dal centrodestra, come dicevo prima e alcune frasi nefaste ne accompagnarono la disfatta. La macchina da guerra di Occhetto e soprattutto le lacrime e sangue che gli italiani avrebbero dovuto donare a una classe politica cresciuta già allora nel privilegio, non convinsero gli elettori e condannarono i Progressisti alla più amara delle sconfitte. Era cominciato il berlusconismo e con esso, com’era stato per il passato, la spaventosa idea di condannare l’elettore, allora come oggi, all’ignoranza. Certo che se avessero votato i Progressisti sarebbe stato quello italiano il popolo più illuminato politicamente del mondo. Inutili furono il ribaltone, gli avvisi di garanzia al G7, la prima vittoria di Prodi con L’Ulivo, Berlusconi riuscì sempre a rialzare la testa e riprendersi il potere alle elezioni successive, perché? La sinistra, diventata moderata con D’Alema, Fassino e Veltroni, non riusciva a dara le risposte all’elettorato di riferimento che, tranquillamente la volta successiva votava la destra. Questa nuova idea d’Italia all’insegna del berlusconismo, tollerata ed emulata dalla sinistra, è durata esattamente ventiquattro anni.

Da qualche settimana il Cavaliere, anzi l’ex Cavaliere è stato riabilitato ma troppo tardi per essere candidato, per lui è cominciato il tramonto e la sinistra in sua assenza deve necessariamente crearsi un nemico da combattere a parte l’elettorato da offendere se vota altri. “Il mondo sta cambiando”, la frase di apertura che la voce di sottofondo dell’elfo nel primo film della saga Il Signore degli Anelli è stata una grande intuizione di Peter Jackson. Il regista neozelandese ha visto lontano quando ha proposto questa saga sul grande schermo, non era solo nella fantasia di Tolkien che il mondo stava cambiato, ma anche il nostro cambiava con i suoi orchi, i suoi elfi, i suoi nani e soprattutto i suoi uomini. Il 4 marzo 2018 il Movimento cinque stelle vince le elezioni politiche con il 33% dei voti in condominio con la coalizione di centrodestra che mettendosi insieme raggiunge il 36%. Nessuno dei due, partito il primo, coalizione la seconda, ha i numeri per proporre un governo di area. Dopo alterne vicissitudini e una serie di pantomime da avanspettacolo il primo giugno, a distanza di tre mesi dalle elezioni, nasce il Governo del cambiamento a guida Giuseppe Conte, giurista foggiano, professore universitario da Roma a Firenze. Parlare di tutto quello che è accaduto perché il Governo Conte nascesse sarebbe un’impresa epica. Passiamo allora alla cosa più interessante: il rapporto tra queste elezioni e quelle del 94’. L’elemento comunicazione è stato fondamentale allora come oggi e a lasciarci le penne anche stavolta la sinistra o centrosinistra di Renzi e di Grasso. Il PD in particolare è stato capace di perdere ventisei punti di percentuale in quattro anni, passando dal 42% delle Europee del 2014 al 18% delle elezioni politiche del 2018.

Come nel 94’ l’effetto comunicativo è stato decisivo, un linguaggio obsoleto, tinto di retorica demagogica da parte dei candidati della sinistra, unitamente all’arroganza di proporre le poche cose buone fatte dal PD al governo in cinque anni e nascondere i tanti disastri, da Letta a Renzi, da Renzi a Gentiloni. La cosa peggiore aver perso in questi anni il contatto con il suo popolo, come ammettono oggi gli stessi Gentiloni e Bersani. La Lega con un buon 18% ha eletto leader della destra populista Matteo Salvini che è stato interprete delle paure e delle ansie degli italiani sui temi della sicurezza, questa volta di tutti, non solo i settentrionali. Il Movimento cinque stelle invece ha parlato alla pancia degli italiani, ai loro problemi economici, alla loro povertà e soprattutto evidenziato come all’impoverimento della classe media italiana si è contrapposto l’arricchimento di una classe di privilegiati identificati in particolare con i politici ma anche dei loro vassalli, dai banchieri agli affaristi di ogni genere. Al nord, ma qui era prevedibile, ha vinto il centrodestra; al Sud il M5s, al centro nessuno. L’Italia si è colorata di giallo-verde, perdendo molto di quel rosso, anche nelle regioni di ferro che aveva caratterizzato la politica italiana dal dopoguerra a oggi. Berlusconi usò nel 1994 le televisioni, il M5s il web, anche se in televisione non se l’è mai cavata male. Un imprenditore, Silvio Berlusconi nel 94’, un comico Grillo nel 2008 sono stati capaci di battere prima i figli, poi i nipoti dei padri costituenti.

Dalla sconfitta elettorale la sinistra o il centrosinistra avrebbe dovuto trarne motivi di riflessione, macché. Renzi si è defilato dopo un discorso da televenditore al senato. Ha pensato bene di tagliare la corda buttando via i popcorn, lasciando il povero Martina a godersi tutte le sconfitte che, alle comunali del 10 giugno sono puntualmente arrivate. Liberi e Uguali, ancora sotto choc per la sconfitta elettorale, ha diciotto parlamentari e diciannove idee diverse sul da farsi, tranne che sul tema che ha eroso maggiori consensi, quello dell’accoglienza, dove addirittura Roberto Speranza perde di lucidità proponendo cose assurde quali denunce per istigazione all’odio raziale verso Salvini. A leggere i commenti in fb, le solite offese all’elettore “ignorante o analfabeta”, intanto il resto della sinistra, i militanti non gli elettori, aspettano solo lo sbarco dall’Africa del nuovo leader per rifarsi una verginità tradita da troppi anni di tradimenti al proprio popolo. Dalle televisioni Fininvest ai Social, la sinistra non ha compreso ancora la forza della comunicazione e della notizia in “pillole” istantanea, fulminee, immediate. Si avvita ancora in massimi sistemi, ragionamenti internazionalistici, in improbabili crociate, anche alleata di Berlusconi, pur di scalzare via questo governo.

Il Pci era un partito di opinione e fu quello che maggiormente capì la forza della comunicazione negli anni settanta e ottanta, non solo della carta stampata ma anche dei programmi televisivi, delle pubblicazioni letterarie, delle grandi manifestazioni di massa e di eventi come il Festival dell’Unità. Sarà capace di risorgere la Sinistra italiana? Spero di sì, ma di sicuro, una classe dirigente dai quaranta a salire su, deve scomparire e dare spazio a quelle menti che grazie alle scelte scellerate dei suoi governi oggi scappano via, non dal Sud ma dall’Italia intera. Il Mondo è cambiato ed è bene che se ne facciano una ragione gli amici del PD unitamente ai compagni di LEU, PaP e altri in percentuali elettorali da varie ed eventuali altrimenti non sentiremo più parlare di un partito di sinistra nel giro di tre generazioni.

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