Cultura e spettacolo

[EDITORIALE] Il camorrista è un mestiere. Il perbenismo un’idea

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Vivo in un paese dove la camorra l’ho sempre vista, annusata, sfiorata e volutamente evitata. Non si può dire che ella abbia fatto lo stesso con me, ma quando è successo mi sono saputo difendere. Queste righe non le scrivo per crogiolarmi in quello che penso della camorra, visto che ci sono stati tanti molto più importanti di me a dirlo e il mio pensiero non si discosta tanto da quello di Peppino Impastato.

Oggi vorrei portare tutti quelli che mi leggono ad una riflessione che ho fatto in questa mia breve ma intensa esperienza da giornalista/attivista sul territorio. In queste zone essere camorristi non è facile, ma maledettamente, forse in maniera innata, quasi tutti lo sono. Camorrista non si diventa per caso, per farlo bisogna essere preparati, attenti, furbi e anche un po’ intelligenti se non acculturati quanto basta. Nella mia zona, a nord di Napoli tra Caivano, Afragola e Crispano essere camorrista è uno stato mentale. Fuori la scuola, all’ora di uscita, piccoli camorristi giocano già a fare i duri e li vedi, li ascolti, li scruti mentre dentro di te una parte d’orgoglio muore. Sono quei bambini che una volta cresciuti si ritrovano già malavitosi senza neanche accorgersene. Ma attenzione, essere camorrista non vuol dire per forza ammazzare o spacciare.

Il camorrista è colui che pensa che se una cosa non la può avere con la legge, la può sempre ottenere tramite il ricatto o il terrore, con propri mezzi o attraverso l’intermediazione di gente di malaffare. Il camorrista è colui che cerca la strada più facile per fare soldi, colui che sprezzante del fatto che per concorrere onestamente nel mondo del lavoro ci vogliano competenze, ricatta, estorce, costringe con comportamenti subdoli la propria utenza svilendo il mercato e approvvigionando il proprio mondo, la criminalità organizzata. Camorrista è colui che non si espone mai, non ci mette mai la faccia, colui che manovra e che ama manovrare la gente nell’ombra. Il camorrista è colui che si serve della povera gente ignara per i suoi loschi affari. Non è certo colui che ricopre un ruolo in prima persona firmando carte e autorizzazioni che potranno ritorcersi contro. Questo lo fa chi di mestiere non fa il camorrista.

La camorra, ai giorni nostri non è più quella della lupara. Oggi i camorristi vestono in giacca e cravatta a mo’ di consulenti finanziari o immobiliari. Sono stati capaci di entrare nelle istituzioni con l’unica arma che conoscevano, quella del ricatto. E anche sul ricatto possiamo scrivere fiumi di parole circa la sua evoluzione. Anche quello è diventato subdolo, viscido, quasi inconsistente. Lo subisci e manco te ne accorgi e questo il moderno camorrista lo sa e ne fa buon uso. L’arma del ricatto, lungo il tempo è stata perfezionata, affinata e affilata. Chi si è trovato a subirla, anche inconsciamente, ne ha pagate le spese e sa bene di cosa sto parlando.

Per questo e per tanti altri motivi, scrivo e penso che fare il camorrista oggi non è facile e non è detto neanche che lo possono fare tutti. Ma lasciatemi dire che se il camorrista, magari ti entra in casa e neanche te ne accorgi, ti consiglia di fare delle azioni per il tuo bene, si presenta come tuo amico fraterno ma alla fine, solo alla fine, ti accorgi che ti stava solo usando. La persona perbene no! La persona perbene la vedi subito, annusi il suo odore che sa di purezza, lo trovi tra le parole che pronuncia, tra i pensieri che esterna. Il perbenismo non è un mestiere è un’idea e se ce l’hai, di mestiere non puoi fare mai il camorrista.

Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale!

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