Un paradosso tutto caivanese quello delle prossime elezioni.
In quel di Caivano, paese afflitto da mille difficoltà, dove le buche stradali sono un problema solo se c’è un sindaco con cui prendersela, dove i supereroi scendono in campo per farsi fotografare a raccogliere monnezza o a promettere reti per campetti di calcio, dove ci si lamenta per la mancata raccolta e nessuno si chiede quella maledetta firma su un contratto perché ritarda tanto, dove una commissione di accesso dovrebbe far luce sugli sprechi e le connessioni con la malavita organizzata.
Come se questo paese avesse una propensione al masochismo che sfiora il vizio del sadismo, quello che costringe le persone per bene a vergognarsi di esserlo.
A Caivano il “pane al pane” esiste solo per gli appalti, per quel silenzio colpevole che relega gli onesti in un angolo con le orecchie da somaro, di quel cimitero in cui si sotterrano morti e imbrogli di ogni tipo, di quel centro storico negato ai cittadini nelle cui fogne scorre la l’infamia nera della negazione dei servizi, di quell’acqua sporca che cola dai rubinetti e con cui i paesani sono costretti a lavare piatti e denti.
Chi ha paura del lupo cattivo?
Le pecore!
Quelle che sperano che l’ultima amministrazione sia sciolta per infiltrazioni camorristiche -che esistono da sempre e da sempre sono evidenti- ma che non riguardano, roba da metterci le mani sul fuoco, chi ha cercato di riportare un minimo di dignità in quella politica locale che boccheggia quando la legalità diventa il campo di battaglia degli onesti.
Paradossalmente “quelli dall’altra parte” sperano in una vittoria dell’illegalità per sperare in una sconfitta dell’avversario che, altrimenti, avrebbe dalla sua parte il coraggio della denuncia, ciò che nessuno aveva mai osato in duecento anni di politica della prebenda, dello scambio di voto e della mazzetta elettiva.
Di quelle fatturazioni facili e di determinazioni di urgenza all’acqua di rose, i cittadini non ne hanno bisogno, il lavoro distribuito sempre alle stesse persone non risana l’economia di un paese, i lucchetti cinesi da 1200 euro non servono a preservare il latrocinio continuo di fondi pubblici, ci vogliono coraggio e determinazione, denuncie e accuse nette.
Le prossime elezioni saranno la prova del nove per molti politici caivanesi, il gioco non consiste nel prendere più voti, la vittoria è rinchiusa nello scrigno della capacità di mettere da parte i personalismi e ricostruire ciò che loro stessi hanno distrutto.
Bisogna radunare le forze sane e mettere le competenze a disposizione di un progetto che vada oltre il “semplice” raccattavoti e che dia finalmente una svolta umana a quella che ormai si può ritenere la “questione caivanese”.
Facciano un “mea culpa” quei cittadini che si dicono attivi solo se hanno un avversario da sbranare, che si lacerano tra loro per avere un posto in prima fila, ma che attori non potranno essere mai.
Sperare che quella rivoluzione iniziata sia portata a compimento, da qualsiasi persona sia eletta, è da uomini, tutto il resto è da pecore che hanno paura del lupo cattivo.