NAPOLI NORD – La Procura della Repubblica apre un fascicolo sull’Ambito 19, quello che eroga i servizi sociali nei Comuni di Afragola, Cardito, Caivano e Crispano. Il magistrato che sta analizzando i faldoni zeppi di carte, soprattutto relative a gare d’appalto e al rapporto non ancora chiaro tra molti responsabili di settore alle Politiche sociali dei Comuni consorziati con le cooperative che negli anni hanno vinto le gare, vuole vederci chiaro prima di assumere decisioni imponenti.
Inizia la sfilata di sindaci e dirigenti in Procura per rendere dichiarazioni prima che l’inchiesta possa arrivare al “salto di qualità”. Nel mirino, da indiscrezioni che trapelano dai Comuni, restano le consulenze ai figli dei dirigenti, questi ultimi commissari di gara, e quindi nelle loro mani c’era e c’è il destino di chi quegli appalti li vuole vincere; i posti di lavoro elargiti ai politici del territorio nelle cooperative, con familiari dei consiglieri comunali in carica per finire ai rapporti “opachi” tra i consiglieri comunali e i titolari delle cooperative. Nel passato e nel presente.
I magistrati, in queste ore, stanno convocando e già ascoltando i diretti interessati e, come detto, presto potrebbe arrivare il salto di qualità per scoperchiare un pentolone che puzza lontano un miglio. Anche se in verità, l’Anticorruzione è arrivata prima di tutti dopo la denuncia di un consigliere comunale di Cardito, Francesco Pisano, attualmente all’opposizione ma che ben conosce l’Ambito 19 in quanto durante gli anni d’oro, anche delle Politiche sociali, rivestiva il ruolo di assessore al ramo. Quindi, da opposizione è riuscito a mettere il dito nella piaga in un settore che ben conosce anche se, oggettivamente, è arrivato a scoppio ritardato. Ma il problema non è questo. Meglio tardi che mai.
La denuncia di Pisano si è basata anche su un’inchiesta che la stampa locale ha svolto per mesi sull’Ambito 19 scoperchiando un pentolone innanzitutto sulle gare dove le cooperative che si aggiudicavano gli appalti poi davanti al Tar risultavano senza requisiti mentre gli esclusi dalla commissione di gara (formata dai dirigenti dei Comuni) risultavano invece i vincitori davanti alla legge. Un vero e proprio scandalo che avrebbe dovuto indurre la politica ad assumere severi provvedimenti. E, invece, a cominciare dal Comune capofila, ossia Afragola, non si è mosso nulla. Anzi, il sindaco Tuccillo è rimasto per quattro anni in silenzio di fronte a tutto questo.
Da qui la verifica dell’Anac per capire quali fossero i legami tra i responsabili di settore e le cooperative. Ed è emerso uno scenario che ha fatto riflettere la Procura ed ha scatenato la polemica politica sui territori: è certificato che nelle cooperative che vincevano gli appalti lavorassero i familiari di quasi tutti i dirigenti dei Comuni alle Politiche sociali. Figli, “comare”, “compagne”, all’appello non manca davvero niente.
Ovviamente, è presto per tirare le somme sul piano giuridico ma il giudizio politico di censura è evidente. Tant’è che il primo a rimetterci la testa è stata proprio Maria Femiano, coordinatrice d’Ambito storica, che ha lasciato, guarda caso, dopo le polemiche sulla stampa che hanno parlato del “sistema della Dama nera”. Il giornale che ha tirato fuori le carte si chiama “Mosaico” e non è stato mai querelato nonostante avesse tracciato un quadro a tratti inquietante. Con tanto di nomi, cognomi, fatti e circostanze. Un quadro sul quale l’Anac e la Procura stanno indagando con una serie di interrogatori che vanno avanti da giorni.
Altro capitolo resta quello delle figure professionali. Concorsi all’Ambito; dove storicamente le selezioni sono state vinte da candidati ai consigli comunali non eletti a supporto dei sindaci, figure vicine ai primi cittadini, con parentele eccellenti sui territori, moglie di professionisti legati ad assessori in carica. Anche in questo caso non manca nulla. Sarà un caso ma anche negli ultimi concorsi figurano addirittura la moglie di qualche segretario locale del Pd e persone vicine ai consiglieri comunali. Senza dimenticare “galoppini” elettorali trasformati in veri e propri imprenditori, guarda caso, tutti in orbita politica dei consiglieri nei diversi Comuni dell’Ambito. Ovviamente, giusto ribadirlo, questi sono i fatti e non possono essere legati ancora all’inchiesta in corso sulla quale vige il più stretto riserbo degli investigatori. Ma i fatti, da soli, dimostrano che nella migliore delle ipotesi siamo di fronte ad un clientelismo sfrenato e l’Ambito rischia di trasformarsi in un “collocamento della politica”, un carrozzone “acchiappavoti”, almeno fino a quando la magistratura non riuscirà a dimostrare dell’altro. Se c’è dell’altro ovviamente.
Non bisogna mettere in piedi processi sommari né giudizi affrettati ma sul piano politico, etico e morale il problema resta. Pure perché c’è troppa discrezionalità anche negli “allargamenti” delle graduatorie. Si mettono a concorso dei posti di lavoro. Un numero definito. Poi qualche volta, guarda caso, si decide di scorrere la graduatoria per ampliare il numero degli assunti. In altri casi no. La giustificazione la si trova: “Serve personale”. Ma nei corridoi, al contrario, si dice un’altra cosa: la differenza non la fanno le reali esigenze dei Comuni ma i cognomi eccellenti dei partecipanti da sistemare. Sempre collegati alla galassia delle cooperative che hanno stretti rapporti con la politica o alla galassia clientelare dei consiglieri comunali.
C’è la sensazione che stia per scoppiare un vero e proprio “bubbone”. Chi vivrà, vedrà. Ma di fronte a tutto questo, in attesa che la magistratura faccia chiarezza, la domanda sorge spontanea. Perché la politica se non è complice del “sistema” non ha mai denunciato e ancora oggi fa finta di non vedere?