CAIVANO – La nostra redazione ha accolto le lamentele che arrivano dai residenti del rione IACP di Via Necropoli, il rione che in quel dannato 24 Giugno del 2004 ha visto volare giù dall’ottavo piano quell’angelo di Fortuna Loffredo. Da quel momento, quel parco è stato teatro di passerelle per politici, preti e giornalisti. Ognuno si sentiva in obbligo di dire la sua, ognuno era fautore e portatore di solidarietà, con le parole facevano in modo che quelle persone, ormai etichettati come orchi, si sentissero meno soli ed abbandonati e invece…
Passato un anno dalla morte di Fortuna Loffredo, le istituzioni vollero mantenere vivo il ricordo della sua vita spezzata ingiustamente, insieme a quella del piccolo Antonio Giglio che un anno prima subì la stessa sorte, piantando due alberi nell’aiuola ubicata sotto il loro edificio di residenza.
Fanfara, sindaco in alta uniforme e il parroco del Parco Verde in prima linea così come davanti alle telecamere, tutti erano presenti e quel giorno è stato un grande giorno di festa. I cittadini del rione IACP finalmente cominciavano a sognare un futuro meno triste perché non potevano immaginare, allora, che a distanza di due anni da quell’evento, sarebbero caduti di nuovo in quell’oblìo da dove erano usciti grazie alla triste popolarità acquisita per colpa della tragedia.
Le nostre telecamere, invece, sono entrate adesso, quando di questa gente, oramai non se ne ricorda più nessuno, quando la morte di Fortuna, ormai, non fa più notizia e tanto meno deve essere da monito per il futuro. Perché per i media e per qualche sciacallo, guai se non capitassero più tragedie del genere.
Quello che abbiamo raccolto è la triste realtà di una società ormai allo sbando, la società del “si salvi chi può” e dei “Ma tanto sono una banda di ladri”. Chi come noi riesce ad entrare in questi posti l’unico sentimento che prova è l’indignazione, ma non verso le istituzioni ma verso il genere umano, perché non è possibile che nell’era della domotica e del wi-fi, un essere umano permette che un suo simile sia costretto a vivere in condizioni così disastrate. In questo posto non solo sono assenti le istituzioni, ma mancano proprio i principi basilari di una qualsiasi politica sociale. I bambini in questo posto vivono allo stato brado e nell’incuria delle istituzioni, poi ci si indigna quando a cadere giù è una bambina di soli sette anni dopo essere stata abusata sessualmente più volte? Ad indignarsi di loro stessi dovrebbero essere quelle persone che hanno visto il degrado di questo posto e si sono girati dall’altra parte, ad indignarsi di loro stessi dovrebbero essere quei politici o aspiranti tali che per raccogliere consensi hanno promesso inutilmente una rete al campetto o qualche lampadina in più nei faretti, ad indignarsi di loro stessi dovrebbero essere tutti quelli che guarderanno le immagini della nostra inchiesta e non muoveranno un solo dito per queste persone e questi bambini.
Solo quando l’indignazione per noi stessi sarà così alta allora forse sarà inutile indignarsi quando ci sarà la prossima tragedia.