Così come riporta l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’allarmismo dei giornali a ogni nuovo sbarco di extracomunitari e l’abuso dei termini come “invasione” ed “emergenza” non è giustificato dai dati in loro possesso.
I primi mesi del 2016 sono stati caratterizzati da arrivi imponenti; confrontando i numeri con quelli del 2015, però, si nota che non è possibile stabilire un trend di aumento.
Il picco di marzo (9.676 arrivi contro i 2.283 dello stesso mese del 2015) è probabilmente collegato al caldo eccezionale che ha caratterizzato quel periodo; ma è più che compensato appena si guardi ai dati di aprile. Se nel 2015 gli arrivi erano stati 16.063, il mese scorso c’è stato un calo del 43% (9.149 migranti e rifugiati arrivati in Italia via mare).
In totale, gli arrivi via mare nei primi cinque mesi del 2016 sono 46.714, contro i 47.463 del 2015.
I migranti e rifugiati sbarcati in Italia nel 2016 provengono soprattutto da Nigeria (15%), Gambia (10%), Somalia (9%), Eritrea, Guinea e Costa d’Avorio (8%).
La gran parte dei flussi migratori diretti in Italia, quindi, ha origine in Africa, mentre, dopo l’esplosione del 2014, è crollato il numero dei siriani in arrivo.
Le conseguenze dell’accordo Ue-Turchia sulla rotta greca (ma non su quella mediterranea)
In questo senso, è interessante notare che l’accordo Ue-Turchia sui rifugiati non ha avuto, per ora, ripercussioni sull’Italia. Stando alle rilevazioni di Frontex e dell’Unhcr, ad aprile gli arrivi in Grecia sono diminuiti del 90% rispetto a marzo, per crollare ulteriormente a maggio. Che fine hanno fatto le migliaia di persone che mancano all’appello? Un’ipotesi è che abbiano preso la via dell’Italia.
Se a smentire questa possibilità non basta il dato numerico (“solo” 18mila arrivi via mare a maggio, in calo rispetto all’anno scorso), un rilievo ulteriore riguarda la composizione dell’immigrazione in Grecia. Nel 2016, il 49% dei migranti e rifugiati approdati sulle isole greche proveniva dalla Siria, il 26% dall’Afghanistan, il 16% dall’Iraq. Al contrario, la stragrande maggioranza degli sbarchi in Italia riguarda migranti dell’Africa sub-sahariana.
A ulteriore conferma del fatto che, ad ora, nessuna nuova rotta si è aperta dal MO verso l’Italia, c’è la provenienza delle imbarcazioni: nel 2016 l’82% dei migranti è partito dalla Libia (l’89% nel 2015). La rotta libica sembra cedere il passo a nuovi percorsi, in partenza da Tunisia (5,5% contro lo 0,36% dello scorso anno), Egitto e Algeria (5%).
Il rafforzamento della rotta egiziana può spiegarsi con le tensioni tra il governo italiano e quello cairota. Lo spostamento verso Algeria e Tunisia, invece, è l’effetto della pericolosità della rotta libica, determinata da un lato dall’operazione EunavforMed, che presidia il tratto di mare davanti alla Libia (dal 7 ottobre sono state distrutte 110 imbarcazioni e segnalati quasi 70 trafficanti). Dall’altro lato la stabilizzazione della Libia sotto il governo di Fayez al Sarraj potrebbe risolversi in una maggiore collaborazione con l’Ue per prevenire le partenze.