Ormai siamo nella società delle mezze stagioni, delle mezze verità e delle mezze parole.
Così per dire come stanno concretamente le cose, bisogna preventivamente fare un calcolo mentale da perfetti matematici, progettare congetture e iperboli da far invidia alle migliori menti matematiche.
Bisogna misurare le parole e i gesti, arrendersi di fronte all’evidenza e scegliere la strada più sicura, quella che non ti fa avere troppi nemici e ti fa raccattare quante più persone compiacenti possibili.
Così che se ci sono dei bambini al freddo perché ci si è dimenticati di comprare il combustibile per il riscaldamento scolastico, si preferisce dire che le classi erano “semifredde”, un po’ come certe pubblicità che ti vendono una fresca leccata estiva, pur sempre -in questo caso- di leccata si tratta.
Chi invece parla chiaro, “schiaffando” in faccia all’interlocutore la verità nuda e cruda, viene accusato di essere sboccato, poco elegante, giornalisticamente inappropriato.
Insomma, non si può scrivere merda, al massimo si può parlare di cacca, evitare di scrivere culo e usare il più aggraziato deretano, scansare i termini che possano suscitare ripugnanza alle gentili orecchie di chi ascolta.
Quindi, secondo questa dottrina, l’uomo da quattro soldi non può essere un uomo di M, una meretrice non può essere una P, mentre a una sana sc…ta si dovrebbe preferire un rapporto corporale atto a esprimere le pulsioni sessuali altrimenti represse.
Resta però una verità, quei bambini stamattina non avevano semifreddo, quelle classi non erano mezze calde, no, non lo erano, per niente! È qua ci starebbe bene una delle mie parolacce Por.Pu.
Di un bicchiere vuoto non si può dire che è pieno di aria, inutile ostinarsi a voler imbonire il politico di turno o il club calcistico per trarne profitto a scapito della verità.
La verità non ha mezze misure, è bianca o nera, si definisce con la sua stessa sostanza, tutto il resto è chiara e lucida determinazione di voler galleggiare sulla cacca, e prima o poi ci si annega.