Un vecchio adagio recita, “Si stava meglio quando si stava peggio”, almeno in Italia, dove i cittadini esprimono il meglio del loro comportamento caotico specialmente per quanto riguarda il codice della strada.
Già sentirsi costretti ai limiti di velocità è una grande sofferenza, figuriamoci poi quando si tratta di prendere la decisione sulla precedenza alle rotonde, da sempre oggetti misteriosi e studiati da ufologi di fama mondiale.
Ma cosa hanno davvero che non funziona queste bestemmiate circolatorie? Quali e quanti misteri inducono amministratori locali, codice della strada, organi di controllo europei, a stimolare la scelta delle rotonde a discapito dei semafori?
La ragione è che questi costrutti, almeno stando alle statistiche, agiscono da fluidificanti per il traffico cittadino evitando, al contrario dei semafori, la sosta a motore acceso e quindi l’inquinamento che inevitabilmente ne deriverebbe.
Ma non c’è statistica che tenga, ogni rotonda è un dramma per qualunque automobilista italiano, l’idea della precedenza a destra non molla mai e così si passano intere giornate tentare di sfuggire alla sua morsa mortale.
La rotonda diviene un buco gravitazionale, chiunque venga risucchiato verso la sua tangente resta attratto dal suo nucleo ad alta concentrazione da cui è difficile sfuggire.
Ma l’italiano medio è renziano, abituato al semaforo da cui prende ordini.
Il semaforo è un comando netto, non ha bisogno di ragionamenti, si passa con il verde, ci si ferma con il rosso, non da scelte, è risoluto e assolutista.
La rotonda, invece, prevede il rispetto per l’altro, la solidarietà della precedenza contro le normali regole, la pazienza di vederla liberata prima di impegnarla.
L’italiano non è un popolo di rotonde e girotondi, ha bisogno del rosso e del verde e, soprattutto, di chi prende le decisioni al posto suo.
Allora niente rotonde, perché si stava meglio quando al semaforo si aveva il tempo di rifarsi il rossetto e sorridere degli accodati strombazzanti.