Non sono certo che di infernale, in questi giorni, ci sia solo il caldo.
Lo strappo profondo che non sappiamo come ricucire, quello tra uomini e uomini, i primi ricchi i secondi poveri, assume sempre più i contorni di una macchinazione diabolica.
E come si fa a non accorgersi del dominio assoluto del denaro, il Mammona che ci rende schiavi di noi stessi, quando contiamo le vittorie e le sconfitte con gli occhi agli indici di borsa, che se sei fuori da quel sistema sei morto, inutile, ingrato e sterile, degno di essere additato e giudicato in maniera dozzinale?
I confini che una volta erano culturali, oggi diventano economici, razziali, ghettizzanti in positivo e in negativo.
Quell’unità tanto osannata, dunque, diviene strumento per dividere sempre di più, e il popolo populista si frammenta e diviene polvere da spazzare al più presto, che poi vengono ospiti illustri e non si può far brutta figura.
Ci sono poi gli intellettuali, quelli che descrivono l’orrore di una scelta come una raccapricciante idea di emarginazione e discriminazione. Urlano pacatamente contro l’intenzione di dividere, dividendo a loro volta, componendo fazioni del pro e del contro, la loro idea questa volta.
Infami, mi verrebbe da dire, infami e codardi, vittime a loro volta di un organismo malato che ha fatto ammalare anche loro.
Scendete per terra, fatevi crocifiggere piuttosto che tormentare con i chiodi dell’infamia chi sceglie contro il vostro pensiero, siate coraggiosi fino a rinunciare al vostro ben curato orticello.
E quanto più riusciranno a frammentare le coscienze, tanto più sarà ampia la loro vittoria, perché questo è il loro volere assoluto: dividere, frazionare, evitare la condivisione di beni e idee.
Il loro potere è nelle loro tasche e non si può combatterlo se non rinunciando proprio a ciò che loro hanno nelle tasche.
Fa caldo oggi, tanto caldo, ma in confronto all’inferno è ben poca cosa.
Ma forse si fa l’abitudine a tutto.