La morte è l’unica cosa certa, è un detto popolare che mi sta molto a cuore.
Quando, però, si muore per mano di scellerati il discorso cambia e i sentimenti fanno a botte con il perdono cristiano che ho sempre cercato di praticare.
Muoiono due ragazze, due storie diverse, entrambi legate dalla stessa matematica della violenza. Ragazze solari con un futuro davanti da costruire, a cui era stato riservato del tempo per amare, sorridere, magari anche soffrire. Ragazze a cui è stato rubato questo tempo, che sono state rapinate da due individui che hanno la stessa radice violenta che affonda nel nichilismo di questo tempo di illusioni e false libertà.
Mi chiedo se non sia il caso di insegnare “la morte” nelle scuole, cercare di far imparare a memoria ai bambini che essa è la conseguenza della vita, che si può morire solo se si è vivi.
Invece ho la sensazione che ormai questi episodi passino nell’indifferenza del quotidiano, che siano percepiti come male necessario, che la libertà del “devi amarmi anche contro la tua volontà” e del “guido come cazzo mi pare”, del “mi drogo perché mi va” e del “la vita è mia e ne faccio quello che voglio”, sia sbandierata come discolpa per ogni abuso.
Sara e Anastasia sono solo le ultime due vittime di una follia che ormai tesse la sua ragnatela nella mente dei giovani, alimentata da un regime di consumismo e possesso che realizza il suo grande sogno, il controllo del pensiero, la sorveglianza delle azioni che siano quelle volte ad annientare la volontà degli esseri senzienti .
Bisognerebbe insegnare che la morte è un gioco senza ritorno e giocare a bowling con la propria auto è uno sport dove non si vince e nemmeno si pareggia.