L’ultima, grande trovata dei grillini gela il Pd. E rilancia Renzi, sempre più intenzionato ad ufficializzare la nascita del suo movimento d’ispirazione centrista. Di cosa parliamo? Molto semplice. Il M5S chiude, anche in maniera brusca, all’alleanza col partito di Zingaretti alle prossime elezioni regionali. L’apertura di Franceschini nelle scorse ore nasce e muore nello stesso istante. Il motivo (politico) di tale scelta non è dato sapere. O semplicemente non c’è. Il Partito Democratico, oramai sempre più spostato a sinistra (basti pensare ai neo ministri in quota democrat), continua a collezionare un serie di figuracce pazzesche nelle Regioni al voto. Una dietro l’altra.
Nelle prossime settimane ci saranno Umbria ed Emilia. Altri banchi di prova importanti su cui i dem non avrebbero voluto sfigurare. L’alleanza col M5S, che avrebbe pure nobilitato politicamente il governo giallorosso al netto dei numeri, sarebbe stato un argine all’ascesa inarrestabile della Lega. Contraddizioni su contraddizioni. Pur di salvare poltrona, stipendio e famiglia (e mandare Salvini all’opposizione), i pentastellati hanno sancito l’alleanza coi nemici di sempre. Formalizzando, nei fatti, un nuovo contratto di governo sulla falsa riga del governo precedente. E qui casca l’asino. Se parliamo di alleanza politica, perché Di Maio e soci hanno chiuso all’accordo coi nuovi compagni di viaggio per le Regionali? Mistero della fede. Pure perché le ultime permormances elettorali in salsa grillina sono da manicomio vero. Addirittura peggio del Pd. Una roba assurda. Non si alleavano prima con la Lega, non si alleano ora col partito di Zingaretti. Stessa musica, steso spartito. Tant’è vero che De Magistris, il peggior sindaco della storia di Napoli, pregustava già la candidatura a governatore della Campania sostenuto da Pd e M5S.
Si metta l’anima in pace. Niente da fare. Un azzardo vero e proprio che, a questo punto, rischia di rinforzare, e non solo sul piano elettorale, l’unico che aveva visto da vicino la storica incompetenza politica dei grillini. Matteo Salvini. Da settimane il leader della Lega è in perenne campagna elettorale in Umbria. I tanti rallentamenti sule poltrone dell’accozzaglia “anti Salvini” sono diventati armi ed argomenti nelle mani del segretario del Carroccio che, dopo la svolta nazionale del partito, utilizzerà a suo favore per le “partite regionali”. Nel solco di ciò che è già accaduto in Lombardia, Veneto, Friuli, Sardegna ed Abruzzo. L’obiettivo è chiaro. Indebolire dai banchi dell’opposizione il nuovo governo con l’ennesima vittoria elettorale. Un colpo al cuore per l’accozzaglia “salva stipendi”. Ma se Atene piange, Sparta stavolta ride. La miopia grillina è il ritorno di Renzi. Il silenzio dell’ex premier negli ultimi giorni ha insospettito molti dalle parti del Nazareno. Il senatore di Scandicci non crede nel Pd pseudocomunista guidato da Zingaretti. Le tante regioni perse nell’ultimo anno ne sono una dimostrazione.
Con l’ipotesi in campo di una coalizione coi grillini, avrebbe avuto un senso rimanere nel partito. Il Pd sarebbe stato quantomeno competitivo. Ma da solo non va da nessuna parte. Ed ecco che l’ex sindaco di Firenze avrebbe deciso di ufficializzare la scissione e lanciare il suo movimento politico alla prossima Leopolda del 20 ottobre. Il primo obiettivo, secondo fonti romane, è arrivare al 7-8%. Un traguardo positivo che costringerebbe un Pd isolato sul piano elettorale ed incastrato con gli isterismi grillini a rivedere le sue posizioni e deporre i coltelli anti renziani. Chi di antipolitica ferisce, di antipolitica perisce. Dinanzi ad uno scenario del genere, il M5S scomparirà lentamente ritornando al vecchio e sano bipolarismo. Renzi da una parte, Salvini dall’altra.