ROMA – Sono appena terminate le consultazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ultimo ad uscire è stato Luigi Di Maio insieme alla delegazione del M5S.
Dopo aver ascoltato la posizione del Segretario del PD Zingaretti che al Presidente della Repubblica fa conoscere i suoi punti irrevocabili ossia, l’annullamento del Decreto Sicurezza e la modifica del taglio dei Parlamentari è la volta di Salvini che ripercorre ancora una volta le fasi delle motivazioni che hanno portato alla sfiducia, rivendicando la posizione della Lega verso il famoso partito del “no”.
Il Ministro degli Interni poi ha tenuto a ribadire quanto fosse necessario allo stato attuale ridare la parola agli italiani e quindi andare di nuovo al voto in nome di quella tanto decantata democrazia. Alla fine dell’intervento però, lascia uno spiraglio a quello che può considerarsi una continuità del governo gialloverde, dicendo di aver ascoltato e letto sui giornali che molti di quei “no” tra molti addetti ai lavori del M5S stiano diventando “si” e se questi sono i presupposti allora egli sarebbe anche disponibile a parlarne, purché, sempre insieme agli ex alleati, si formi un governo del “fare”.
Ovviamente è risaputo che sia a Salvini che Zingaretti farebbe piacere tornare al voto. Al primo per capitalizzare il consenso raccolto in Europa anche in Italia e al secondo per liberarsi una volta e per sempre dei gruppi politici renziani in Parlamento ed avere una propria rappresentanza. A chi andrebbero strette le elezioni subito è proprio al M5S e a Renzi, che da voci di corridoio, pare avessero già l’accordo in tasca, salvo poi il coupe de theatre di Zingaretti che ha spiazzato i suoi compagni di partito che già si vedevano al governo.
Dal canto suo Di Maio rilancia a Zingaretti con un decalogo ben preciso. Dieci punti appartenenti al proprio programma elettorale e che il partito pentastellato vorrebbe portare a termine in questa legislatura, ma in realtà alcune delle cose descritte, non basterebbero dieci legislature per metterle in atto. Infatti, le posizioni dettate dal vicepremier di Pomigliano, si pensano siano dettate in risposta alle posizioni dei suoi colleghi per non apparire il più debole della filiera.
In realtà Di Maio, nel suo intervento non nomina né il PD e né la Lega ma è innegabile che un’apertura di Salvini a un Di Maio premier farebbe drizzare le antenne al piccolo “statista” napoletano e in nome di quella forte ambizione covata sin dal primo momento ha messo piede al palazzo lo farebbe accettare qualsiasi tipo di contratto bis.
Ad ogni modo il Presidente della Repubblica fa sapere che mancano due ore per sapere le sue decisioni e intanto si attendono le ore 20:00 per sapere quale sarà il futuro dell’Italia.