CAIVANO – Eppure pochi giorni fa, martedì 20 agosto per l’esattezza, il Premier Giuseppe Conte a margine del suo discorso in Senato sulla sfiducia presentata dal Ministro degli Interni Matteo Salvini, aveva ribadito a chiare lettere, quanto danno può fare la mancanza di cultura delle regole ma soprattutto il non rispetto delle Istituzioni.
In Campania, soprattutto a nord di Napoli, questo messaggio intriso di Diritto Parlamentare e Costituzionale, non l’ha capito nessuno! Finalmente a Palazzo Madama si è ascoltato un politico che stando ai fatti, almeno a parole, ha dato una lezione di politica e democrazia, non solo ai presenti in aula, ma all’Italia intera.
Il messaggio era chiaro ed inequivocabile. I fatti, problemi e discrepanze vanno portati, in maniera del tutto trasparente, nelle sedi istituzionali, tanto è vero che dopo il ventennio Berlusconi, la parentesi PD e questi 14 mesi di governo gialloverde, l’unico che è riuscito a parlamentare una sfiducia è stato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma cosa c’entra questo con l’emergenza rifiuti che si avrà in Campania?
Semplice! Ad oggi, a distanza di sei anni dalla denuncia della Terra dei Fuochi, tutto è rimasto com’è, per il semplice fatto che dall’assenza delle istituzioni sul territorio, questione oggettiva, il popolo campano ha preferito attaccarsi alla gonnella di un prete ambientalista piuttosto che battersi per i propri diritti nelle sedi opportune.
Da sempre, da più di duemila anni la Chiesa si è occupata di Politica e sembra anche giusto che sia! L’importante è che non lo faccia da una posizione di privilegio distaccandosi da essa e puntando il dito sui politici di mestiere quando le cose in realtà vanno male.
In errore ci siamo tutti, politici, funzionari statali e dirigenti, cittadini e giornalisti. Specialmente questi ultimi dovrebbero migliorare il loro modus operandi, visto che il compito del giornalista oltre al dovere di cronaca è anche quello di informare/formare i propri lettori sugli iter burocratici e sui passaggi istituzionali.
Non è possibile che dopo l’uscita della notizia di ieri che vede l’accumulo di 36mila tonnellate di rifiuti indifferenziati in Campania, oggi i quotidiani cartacei, poi ripresi da quelli online, escono in edicola con interviste a preti e ambientalisti. Come credono di fare informazione certi giornalisti? Perché nessuno ha avuto il coraggio o la semplice idea di andare ad intervistare il Commissario Prefettizio di Caivano, il sindaco di Casalduni o di Marigliano, l’assessore Bonavitacola o il Presidente De Luca?
Perché questi colleghi devono scrivere, ammettendo una grandissima bugia, che l’unico ad occuparsi del problema è stato Don Maurizio Patriciello? Chi di loro si è occupato realmente del problema intervistando i veri attori della vicenda? Come fa il cittadino a sapere a chi rivolgersi se sono per primi certi giornalisti a creare falsi riferimenti? A volte, alcuni colleghi, sottovalutano l’importanza del ruolo che ricoprono nella società fanno gravi danni al punto tale da confondere deontologia con visualizzazioni o letture.
Tornando al discorso del rispetto delle istituzioni fatto dal Premier Conte, la gente deve capire che un problema sociale, non può essere risolto dalla Chiesa o più precisamente da un prete – testimonianza che dal 2013 ad oggi i roghi continuano a bruciare – ma dalle istituzioni.
Ovviamente tutti possono fare politica, anche i preti, d’altronde viviamo in uno Stato laico e per fare politica, intendiamoci, non vuol dire per forza candidarsi, quello ai preti è vietato. Ma vuoi o non vuoi, il prete Maurizio Patriciello, sul territorio fa politica, si interessa, per lo più di problemi ambientali, bene glielo riconosciamo e da cronisti politici allora facciamo anche le nostre analisi.
Per un politico (in questo caso prete) è facile mettersi davanti ai microfoni e fare demagogia a nove giorni prima dell’arrivo delle ecoballe. Poi bisognerebbe anche vedere chi ha chiamato chi (giornalisti a prete o prete a giornalisti). Il problema e quindi la difficoltà è quella di occuparsi di politica sempre, tutti i giorni e per il bene dei propri concittadini. Se si fa politica ogni giorno, un buon politico sul problema ci arriva in tempo – della questione chiusura del Termovalorizzatore si parlava già da diversi mesi – e con le proprie capacità, competenze, lessico, motivazioni e fascino può anche evitare il peggio. Invece nelle lande desolate e paludose a nord di Napoli si preferisce fare demagogia e populismo davanti alle telecamere.
Ma tutto questo i giornalisti bravi, quelli dei quotidiani cartacei e i criceti da redazione online non lo sanno e vanno alla ricerca dell’approvazione da parte del lettore, senza sapere che a volte un bravo giornalista deve essere anche impopolare per il bene della verità e qui la verità è una: se a Napoli, in Campania, in Italia siamo ancora di fronte all’emergenza rifiuti è perché il popolo è troppo abituato a delegare i propri problemi collettivi per dedicarsi ai personali.
Allora di chi è la colpa se su questi territori le istituzioni sono totalmente assenti? Semplice. È nostra, solo nostra. Da sempre la Democrazia Cristiana ha abituato il popolo a delegare il proprio futuro nelle mani dei politici di turno ed il suo successo elettorale era proprio legato all’intrinseca fede posseduta dal popolo italiano. L’italiano medio così come il napoletano, che per origini latine è ancor più passionale, si è sempre affidato alla volontà di Dio, anche per i problemi più effimeri e così, nell’arco del tempo dal dopoguerra fino alla seconda Repubblica lo ha fatto anche per i problemi politici, non facendo altro che prestare il fianco all’assenza delle istituzioni poiché i delegati votati hanno sempre e solo fatto i propri interessi.
Oggi, a distanza di anni, la musica non cambia, e non sapendo più a chi aggrapparsi, gli abitanti della Terra dei Fuochi hanno deciso di affidare il proprio futuro nelle mani di un prete al punto tale da farlo diventare il punto di riferimento politico sul territorio – vedi visite di ministri, inviti a convegni e interviste televisive e giornalistiche – eppure il Premier Conte l’altro giorno ha cercato di insegnarci altro. Ha cercato di dirci che i problemi pubblici vanno istituzionalizzati e non spettacolarizzati. È evidente che i social sotto questo punto di vista hanno fallito – ma questo solo le capre non l’avevano capito – e con essi anche tutti i mammasantissima che ne hanno fatto largo uso, Salvini per ultimo. Allora cosa aspettiamo a riprenderci i nostri problemi per mano?
È giunta l’ora di cambiare la rotta, di cambiare registro nei confronti del problema. Diceva Albert Eistein: “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”.
Le istituzioni possono e devono essere colmante. Come? Interessandosi alla vita pubblica quotidiana, partecipando in prima persona alla risoluzione dei vari problemi e in quelle famose urne, con la consapevolezza mai avuta, votare chi si creda possa lavorare per il bene pubblico e non per il piacere o vanità personale.