Buonasera,
io sono un consigliere comunale, mi vanto di essere stato eletto dai cittadini ed effettivamente è una cosa che posso tranquillamente ostentare.
A volte mi chiedo se ne vale la pena, se tutto il lavoro che svolgo valga veramente lo sforzo e se riesco effettivamente a incidere sul destino dei cittadini che rappresento.
I problemi sono tanti, non pensavo che l’essere umano potesse vivere una condizione di disagio tale da farsi comprare per pochi euro, come quelli che ho visto scambiarsi tra mani stanche di fatica e camice profumate di lavanderia.
La cravatta che porto al collo rappresenta la mia esaltata condizione sociale, quella che mi permette di essere al di sopra delle parti, quella che mi consente di mettere a tavola un piatto caldo ogni sera, per i miei figli, per i miei cari.
Non è facile sapete?
Non è facile vedersi passare tra le dita i fili degli affari senza prendere la scossa, perché quel tipo di affari costano milioni di euro, trasportano una corrente che ti elettrizza e spesso ti procura un elettroshock che ti lascia come rimbambito, è l’energia dei soldi, si genera per sfregamento con l’avidità, è un concetto difficile da spiegare, bisognerebbe viverlo, come me.
E chi li aveva visti mai?
Io che a malapena riuscivo a portare uno stipendio decente a casa, impiegato dopo e precario prima, sempre ad arrabattarmi tra miseri compromessi e misteriose accondiscendenze.
Domani discutiamo della refezione scolastica, già sappiamo che non la possiamo assicurare, i genitori dovranno pagarsela da soli o lasciare i loro bambini digiuni, magari qualcuno a guardare il suo compagno di banco trangugiare un buon panino al prosciutto e languidamente sperare che gli cada una briciola oppure che la sazietà prenda l’avvento sulla ingordigia.
Poi dovremmo dare ragione dei disabili, del loro trasporto a scuola, del loro accudimento da parte di personale specializzato, non ce n’è nemmeno per loro, saranno costretti ad arrangiarsi alla meglio. Gli diremo che una soluzione si trova sempre, ma sappiamo che non esiste.
D’altra parte non è colpa mia se in passato hanno rubato a più non posso e procurato il dissesto finanziario che il paese sta vivendo adesso.
Voi cosa avreste fatto al posto mio?
Ho rinunciato al mio gettone di presenza, pensate che sia poco?
Per alcuni di noi è fonte di sostentamento, ci sono certuni che ci campano, hanno fatto i politici da sempre.
Non so come si possa stare tanti anni in una macchina infernale come quella comunale, come si possa resistere alla pressione costante dei cittadini, delle aziende che vogliono a ogni costo fare affari, dei molti che vogliono spartire per vincere una gara.
Sono certo che impapererò anche io, ci sono riusciti in tanti.
Il mio amico che ci campa da una vita mi dice “fottitene”, guarda avanti, gli elettori sono il nostro bancomat e le ditte che appaltano le nostre banche.
È giusto donare quei pochi spiccioli da consigliere, mi dico quando lo stomaco mi ricorda che ho una coscienza a cui dare conto, lei si accontenta, non è come quelli che mungono le casse comunali finché il seno è sgonfio e i capezzoli arrossati.
Si impara presto e tutto sembra potersi trasformare in oro, perfino la fame dei bambini e le sedie a rotelle che arrancano sulle salite della scuola e della vita.
È come la prima volta che schiacci uno scarafaggio, provi disgusto e poi non ci pensi più, nella tua mente si installa un sistema secondo cui gli esseri inutili, quelli imperfetti, i difettosi e gli inadeguati, vanno inesorabilmente ignorati.
Così è la vita.