La storia che vi stiamo per raccontare è quella di James Harrison, 88enne australiano scomparso lo scorso 17 febbraio in una casa di riposo nel Nuovo Galles del Sud.
L’uomo aveva un talento unico, che gli è valso il soprannome di ‘uomo dal braccio d’oro’, poiché gli ha consentito di salvare la vita di oltre 2 milioni di bambini in tutto il mondo. Egli stesso aveva dichiarato: “Credo che donare il sangue sia il mio unico talento”.
Infatti il suo sangue aveva qualcosa di speciale, poiché conteneva un raro anticorpo, l’anti-D, utilizzato per produrre un farmaco in grado di prevenire la malattia emolitica del feto e del neonato (HDFN), una patologia che si verifica quando il sistema immunitario della madre attacca i globuli rossi del feto, causando gravi anemie, insufficienza cardiaca e, nei casi più gravi, la morte.
La sua storia inizia quando aveva 14 anni, dopo un delicato intervento chirurgico al torace che richiese numerose trasfusioni:
“Dopo l’operazione, suo padre Reg ha detto al nonno che sei veramente vivo solo perché le persone hanno donato il sangue”.
Da quel momento, Harrison decise che una volta raggiunta la maggiore età, sarebbe diventato un donatore regolare: “Non sapevo quante vite erano servite per salvare la mia”.
Così, a 18 anni compiuti, iniziò a donare il sangue e continuò a farlo regolarmente ogni due settimane per 63 anni fino al 2018, quando fu costretto a fermarsi per raggiunti limiti di età. In totale ha effettuato ben 1.173 donazioni, un record che gli è valso l’ingresso nel Guinness dei Primati nel 2005.
Inoltre, circa 10 anni dopo l’inizio delle donazioni, i medici scoprirono la particolarità del suo sangue, invitandolo a sottoporsi a prelievi di plasma:
“James è stato un pioniere del nostro programma anti-D. Più di 3 milioni di dosi di anti-D contenute nel sangue di James sono state distribuite alle madri australiane dal 1967. La sua gentilezza ha lasciato un’eredità immensa che ha stimolato le persone a donare il sangue in tutto il pianeta”.
Ecco quanto dichiarò la figlia qualche tempo fa:
“Era molto orgoglioso di aver salvato così tante vite. Diceva sempre che donare il sangue non causa alcun dolore e che la vita che salvi potrebbe essere la tua”.
A tal proposito il direttore generale di Lifeblood, Stephen Cornelissen ha così ricordato:
“James credeva che le sue donazioni non fossero più importanti di quelle di qualsiasi altro donatore e che tutti potessero essere speciali come lui”.