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Cronaca

Blitz dei carabinieri in carcere, perquisiti 21 detenuti e nove agenti penitenziari: i dettagli

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Blitz in carcere dei carabinieri di Messina, che hanno eseguito numerose perquisizioni personali e locali all’interno della casa circondariale di Gazzi, e in locali esterni nei confronti di 21 detenuti e nove agenti penitenziari in servizio presso la struttura. Tale decreto ha riguardato anche altre quattro persone, indagate a piede libero o agli arresti domiciliari.

Ecco quanto spiega la Procura in una nota:

“L’inchiesta, con 34 indagati, riguarda un gruppo di persone che si ritiene, allo stato, essersi associate fra di loro, al fine di compiere una pluralità di comportamenti volti all’introduzione, nella medesima struttura carceraria, di telefoni cellulari e sostanze stupefacenti potendo contare sulla disponibilità di alcuni agenti della Polizia penitenziaria. Le investigazioni preliminari hanno consentito di ricostruire una fitta rete di comunicazioni telefoniche tra detenuti e l’ambiente esterno, ed una consistente attività di consumo e cessione di stupefacente tra i detenuti”.

Inoltre, la Procura ha precisato che la comunicazione della notizia è legata “alla sua rilevanza pubblica e all’eco che ne potrebbe conseguire, e serve anche a scongiurare il rischio di divulgazione di informazioni non corrette, di generalizzazioni o enfatizzazioni, in funzione del rispetto dei diritti degli indagati e anche per rispetto di coloro che, quotidianamente, svolgono il loro lavoro con dedizione e professionalità”.

Infine, la nota sottolinea anche che “il procedimento è, allo stato, nella fase delle indagini preliminari, nella quale i soggetti indagati sono da presumersi innocenti fino alla sentenza irrevocabile che ne accerti le responsabilità e con la puntualizzazione che l’eventuale giudizio, che si svolgerà in contraddittorio con le parti e le difese davanti al giudice terzo e imparziale, potrà concludersi anche con la prova dell’assenza di ogni forma di responsabilità in capo agli stessi indagati”.

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Blitz della GdF, arrestati tre prestanome di un boss detenuto: la situazione

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Nel corso della mattinata odierna, i carabinieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e personale del Nucleo Investigativo Centrale di Roma della Polizia Penitenziaria hanno arrestato tre persone.

In particolare essi sono accusati dei reati di riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e frode fiscale. Inoltre, i provvedimenti del giudice riguardano anche il cugino omonimo del boss detenuto del clan Lo Russo, Oscar Pecorelli, e fanno seguito alla misura cautelare eseguita lo scorso 24 gennaio nei confronti di una donna ritenuta legata al suddetto clan.

Pertanto, il 50enne Vincenzo Bocchetti è stato associato al carcere, mentre il 42enne Francesco Battimiello ai domiciliari. Invece, ai tre indagati arrestati oggi, viene contestato il ruolo di prestanome: si sarebbero intestati immobili e imprese in realtà riconducibili al boss per consentirgli di eludere i sequestri.

Contestualmente, uno degli immobili è stato utilizzato per concedere locazioni brevi ad uso turistico, circostanza che ne ha complicato l’assegnazione all’eventuale aggiudicatario. Un altro immobile è stato oggetto di due distinti trasferimenti in favore di una donna nullatenente e di una società riconducibile agli indagati.

Si tratta di una società per la lavorazione e il commercio di pellame, intestata ad un prestanome che ha beneficiato di liquidità illecita e di fatture per operazioni inesistenti emesse da società cartiere, per un ammontare di oltre 7,5 milioni di euro. Un’altra impresa, di calzature, è stata intestata ad un prestanome privo di capacità contributiva per evitarne il sequestro e utilizzata in frode al fisco mediante false fatturazioni in acquisto per oltre 2 milioni di euro.

Infine due società di trasporto su gomma, intestate alle mogli degli indagati, hanno ricevuto conferimenti di denaro di illecita provenienza, mentre altre operazioni di riciclaggio sono state agevolate mediante l’acquisto di orologi di lusso all’estero con pagamenti in criptovaluta.

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Cronaca

Napoli, baby gang si danno appuntamento per una ‘challenge di mazzate’: la denuncia

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Quello che era nato come un gioco, come una sfida, si è trasformato ben presto in un vero e proprio assalto criminale ai danni di altre ragazzine.

Stiamo parlando dell’assurda ‘Challenge’ che ha visto protagoniste alcune ragazzine che non arrivano neanche a 14 anni, alcune delle quali bambine di 8-9 anni, che si sono date appuntamento sui social per una gara di ‘mazzate’.

In particolare le vittime sacrificali vengono scelte a caso, sempre sui social o attendendo sul luogo dello scontro la prima passante che soddisfi le esigenze. Invece l’aggreditrice viene scelta tramite un sondaggio, una votazione.

L’episodio in questione vede protagoniste un gruppo di adolescenti del Borgo di Sant’Antonio Abate, che hanno scelto come luogo dello scontro Porta Capuana, con alcuni residenti del posto che hanno segnalato i fatti al deputato Francesco Emilio Borrelli, il quale ha così commentato:

“Da tempo Porta Capuana è una città nella città, un non-luogo dove oramai esistono poche regole, un porto franco dove la legge spesso non entra. Qui degrado, violenza, atti delinquenziali, soprusi, sono diventati una realtà quotidiana. L’escalation di criminalità ha reso queste zone non più vivibili se non, appunto, dai criminali che avendo vita facile prosperano nell’illegalità e nella violenza a cui non viene posto un limite. Interventi duri e decisi sono necessari, avrebbero dovuto esserselo da anni e ora appare più difficile contrastare il fenomeno, ma la soluzione è far presidiare le strade giorno e notte come chiediamo da tempo e intervenire sulle famiglie con i servizi sociali. Lo strapotere delle baby-gang è il frutto di decenni di lassismo, di sottovalutazione del problema, di atteggiamenti troppo morbidi. Le numerose vittime dei baby-criminali raccontano che si è sbagliato tutto. Ora è tempo di cambiare musica”.

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Cronaca

Fratellini di 4 e 2 anni ricoverati in ospedale per lesioni: indagate madre e nonna

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Nel corso della notte, i carabinieri della compagnia di Paola hanno dato esecuzione ad un provvedimento di allontanamento urgente dalla casa familiare nei confronti di due donne, indagate per i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali verso due bambini.

Si tratta della mamma e della nonna di due fratellini di 4 e 2 anni, attualmente ricoverati presso il reparto di chirurgia pediatrica dell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza, a causa di presunti segni di percosse con fratture e lesioni.

Pertanto le due donne non potranno avvicinarsi ai due piccoli, fin quando non sarà chiarita la loro posizione. Per fortuna nessuno dei due piccoli è in pericolo di vita.

Il primo bambino ad andare in ospedale lo scorso 19 gennaio è stato quello di 4 anni, che presentava lesioni alle costole e una clavicola rotta, salvo poi essere nuovamente ricoverato il 25 gennaio per un’infiammazione ai testicoli dopo essere stato trasferito dall’ospedale di Paola. Invece l’altro figlio, è stato preso in carico dai carabinieri ieri sera, dopo che gli è stata riscontrata una frattura pregressa ad un braccio.

Ora i piccoli sono stati affidati ad un tutor, con la mamma e la nonna che negano qualsiasi forma di maltrattamento.

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