Un tesoro del ‘500 abbandonato al degrado che alcuni privati provano a risollevare. I napoletani più giovani conoscono il Lanificio perché in anni recenti è diventato punto di riferimento della movida. La verità è che si tratta di un complesso antico che oggi vive in condizioni di assoluto degrado e completamente ignorato dalle istituzioni. Nato come complesso religioso, con il nome di Santa Caterina a Formiello, è situato nella zona di Porta Capuana. Passato prima ai Borbone e poi alla famiglia Sava, oggi il Lanificio conta 40 condomini. Tra questi c’è chi lancia idee per rilanciarlo, anche se tra mille difficoltà.
“E’ una realtà variegata – spiega Sergio Lomasto, da un anno amministratore del condominio – Oltre a famiglie comuni, ci sono artisti, cooperative, professionisti”. Il principale proprietario, contando i millesimali, è la Regione Campania, titolare di un intero piano abbandonato, con problemi di staticità e per il quale non risulta ci siano progetti in essere. “Tutto l’edificio necessità di continua manutenzione – prosegue Lomasto – ci sono, ovunque, infiltrazioni e cadute di calcinacci. Il rapporto conflittuale con la soprintendenza non permette di procedere speditamente neanche quando c’è chi vuole spendere per la ristrutturazione”.
Da alcuni mesi a questa parte, tra i privati stanno nascendo collaborazioni che permettono di sperare in un rilancio. Tra questi c’è l’architetto Annantonio Martiniello, titolare delle Officine Keller, egli stesso condomino del complesso: “Mi occupo da tempo di riqualificazione urbana legata alla riqualificazione sociale. Questa è la zona più inclusiva della città di Napoli, multietnica. Credo che il Lanificio possa prendere molte energie dal territorio e, allo stesso tempo, possa offrire opportunità di riscatto socio-culturale e di lavoro. E’ vero, la facciata è fatiscente. Ma molti interni sono stati ristrutturati, manca solo un progetto comune. Quando sarà ultimato, il mio laboratorio sarà a disposizione del parroco e delle associazioni per realizzare corsi professionalizzanti per i giovani del quartiere”.
Ma ci sono anche altre realtà che lavorano per mantenere vivo questo luogo. Come la Cooperativa Dedalus, che lavora tra le altre cose per l’integrazione dei migranti; lo studio della performer Valeria Apicella, rientrata a Napoli dopo 20 anni a Parigi. In passato, il Lanificio era stato scelto dall’artista americano cherokee Jimmie Durham. Non si può non citare la Fondazione Made in Cloister, che ha avuto in affidamento il chiostro piccolo, nonché la piazzetta antistante, per sviluppare attività legate al mondo della cultura e dell’arte. Il pensiero di tutti è che il Lanificio possa diventare un polo di attrazione culturale per tutta la città. “Immagino – afferma l’architetto Martiniello – che un giorno le persone potranno vedere mostre, partecipare a laboratori, trovare un cinema all’aperto o un mercato del cibo a chilometro zero, così come potranno prendere appuntamento nello studio di un artista”.
Il difficile è far convivere le esigenze delle famiglie storiche con le necessità di riqualificazione strutturale e sociale del complesso. Le grandi assenti, per ora, sono in soggetti istituzionali. Come già detto, la Regione Campania ha abbandonato un intero piano, mentre il Comune di Napoli si è limitato a piazzare un cartello esplicativo sulla storia di Santa Caterina a Formiello all’esterno.