Mario Martone va ringraziato per come ha scelto di raccontare Massimo Troisi in Laggiù qualcuno mi ama, il documentario che il regista napoletano ha realizzato in occasione dei 70esimo anniversario della nascita dell’attore e regista e che dopo essere stato accolto entusiasticamente al Festival di Berlino uscirà nelle sale dal 23 febbraio in 400 copie distribuito da Medusa. Ecco, che entrano in scena Paolo Sorrentino che ride vedendo Troisi e Arena zuppi nella scena sotto la pioggia di Scusate in ritardo, confessando che da ragazzino gli ha scritto una lettera per lavorare su un suo set, Ficarra e Picone analizzano estasiati l’alchimia tra Benigni e Troisi in Non ci resta che piangere. Ripercorrendo il cinema di Massimo Troisi vengono fuori, non solo, la rivoluzione culturale dove anche lui ha dato il suo contributo, i tempi della militanza politica, dei movimenti femministi e dell’attivismo della temperie degli anni ‘70 e gli eventi che l’hanno formato come artista, ma, inevitabilmente viene fuori, anche l’uomo spiegando con chiarezza quel retrogusto malinconico. Lei fornisce a Martone materiali inediti fatti di audio cassette dove si ascolta la voce di Massimo Troisi nel privato, foto e fogli pieni di appunti, letti da Pierfrancesco Favino, Massimiliano Gallo, Toni Servillo, Silvio Orlando, Valerio Mastandrea, Luisa Ranieri e Teresa Saponangelo.
Oltre però i copioni scritti, si comprendono anche le scelte fatte da Troisi come quella di lavorare come attore in tre film di Ettore Scola vincendo la coppa Volpi a Venezia in Che ora è? e con Cinzia Torrini, la sua visione della vita mascherata da quell’apparente pigrizia, che in realtà era solo timidezza e non essere allineato, come lo descrive lo stesso Martone. Soprattutto, si comprende la sua ostinazione nel voler fare Il Postino prima del trapianto di cuore, un trapianto che purtroppo non riuscirà mai a fare, morendo il giorno dopo la fine delle riprese del film che lo porterà agli Oscar e a una consacrazione internazionale postuma. Montando le scene dei suoi film, Martone vuole far emergere e ribadire quanto Troisi sia un grande regista del nostro cinema prima ancora che come grande attore comico, e per farlo delinea la sua parabola artistica dagli inizi alla fine, inquadrandolo nella temperie degli anni in cui si è formato e nella città comune ai due registi, Napoli. Sono ormai quasi 30 anni che stiamo provando ad abituarci alla sua assenza. Se non fosse stato per quel suo cuore così fragile che l’ha portato via troppo presto, Troisi avrebbe realizzato un patrimonio cinematografico e artistico immenso. I suoi film sia come regista che come attore lo rendono immortale perché come tutti veri talenti con giusta cifra è riuscito a raccontare i temi universali fanno essere Troisi contemporaneo.
Infatti, soprattutto dopo aver visto il docufilm di Martone, non si può fare a meno di domandarsi come un uomo come lui, con il suo disincanto e è spirito dissacrante, avrebbe raccontato questi tempi, con l’ inadeguatezza che oggi sono potenziate e che accomunano tutti e quella difficoltà di comunicare e avvicinarci agli altri. Fuori al cinema c’è stato un piccolo gruppo di manifestanti anarchici che hanno voluto incontrare il regista per fare sentire la loro voce contro l’ergastolo e il 41 Bis in prossimità del 24 febbraio giorno in cui la Corte di Cassazione si pronuncerà sul ricorso contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma che ha ristretto il detenuto anarchico Alfredo Cospito al regime 41 Bis, decisione confermata dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio. Il gruppo degli anarchici protestanti hanno chiesto al regista di leggere poco prima della proiezione il loro appello e i giorni in cui saranno previsti le loro manifestazioni su Napoli. Un momento in cui la vita fatta di politica, libertà di pensiero e punti di vista anche contrastanti entrano nel cinema animandolo per rappresentare una parte del mondo, dove i grandi artisti attingono e si nutrono per creare. Proprio, come probabilmente, avrebbe fatto Massimo Troisi.