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Il complesso Naepolis Arenella sarà demolito: la decisione del giudice

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Il Tribunale di Napoli ha emesso la sentenza: il complesso ‘Neapolis’ dell’Arenella, centro ricettivo ritenuto abusivo dal giudice monocratico Amelia Primavera, dovrà essere demolito.

Pertanto, un 49enne è stato condannato a due anni e due mesi di reclusione, in quanto è risultato essere il committente delle opere abusive e il legale rappresentante dell’impresa individuale responsabile dell’illecito.

La struttura è stata costruita in circa 20 anni, e rappresenta un impianto composto da 17 immobili per 1900 metri cubi, realizzati su 21 chilometri quadrati. In particolare, il giudice ha definito questo come uno degli abusi edilizi più gravi mai realizzati a Napoli, poiché costruito in una zona ricadente nel parco regionale metropolitano delle colline partenopee.

Inoltre, il solarium è stato realizzato su un ex rudere di 200 metri quadrati poi ristrutturato. Tutto ciò ha dato il via alle indagini, con gli inquirenti che hanno contestato alla proprietà la lottizzazione abusiva.

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Tumore scambiato per dolore addominale: condannata clinica del Salernitano

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Grave episodio avvenuto presso una clinica del Salernitano, dove una donna di 35 anni affetta da dolore addominale recidivante si era recata per una visita di controllo. Fin qui nulla di strano, se non fosse che il medico della struttura abbia sottovalutato i suoi sintomi definendoli una banalità.

Poi, nei mesi successivi, il dolore si aggravò fino a richiedere un ricovero d’urgenza per gravi complicanze compressive causate da una massa tumorale. La diagnosi tardiva di liposarcoma ha reso necessario un intervento chirurgico demolitivo, che secondo i periti avrebbe potuto essere evitato.

Pertanto, il Tribunale di Nocera Inferiore ha condannato la clinica per omessa diagnosi di un liposarcoma, con un risarcimento complessivo di 170mila euro a favore della paziente.

Contestualmente arrivano le dichiarazioni dei legali dello studio Maior, che hanno assistito la donna:

“Questa sentenza ribadisce l’importanza della diligenza e della competenza del medico, il cui operato è cruciale per evitare danni spesso irreparabili ai pazienti. Il risarcimento ottenuto rappresenta un riconoscimento di giustizia per la nostra assistita”.

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Karaoke e razzismo in un locale di Firenze, il proprietario non ci sta: “Non è stato vietato di cantare in napoletano”

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Ha scatenato non poche polemiche la vicenda legata al divieto di cantare in napoletano imposto da un locale di Firenze, che nei giorni scorsi ha avuto grande risalto per la denuncia di un ragazzo beneventano.

Tuttavia è arrivata la replica del proprietario del locale, Riccardo Tarantoli, che ha così dichiarato:

“Ci hanno definiti razzisti, ma rimandiamo questa parola al mittente: probabilmente chi lo ha detto non sa neanche il significato. Nessuno gli ha vietato di cantare. Anzi, tant’è che aveva pure cantato. Nelle nostre serate bisogna però bisogna rimettersi in fila una volta esibitisi, tornando sul palco quando è il proprio turno. Ognuno può fare una sola canzone per volta, la regola è quella. Altrimenti fa un concerto”.

Poi, precisa: “Questa settimana, una ragazza di Benevento che era presente la sera del primo dell’anno ci ha scritto dicendo che ha visto cantare il ragazzo sul palco quella sera. Quindi zero balle. Il nostro è un modello che funziona ed è rispettoso di tutti, e non abbiamo intenzione di cambiarlo. Se uno dopo aver fatto una canzone ne vuol far subito un’altra non rispettando le regole, non significa razzismo. Questo ragazzo ha fatto un video e mettendoci dentro la parola razzismo è subito diventato virale. Ma i fatti andrebbero controllati e il razzismo è tutt’altra cosa. E lo dicono anche le persone che, per loro sfortuna, hanno subito razzismo durante la loro vita. Non abbiamo mai risentito questi ragazzi, ma da parte nostra continueremo a fare divertimento come abbiamo sempre fatto. E come sempre aperti a tutti, senza nessuna discriminazione”.

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Pizzaiolo napoletano arrestato in Ucraina e costretto a combattere per la Russia

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La storia che vi stiamo per raccontare è quella di Gianni Cenni, pizzaiolo napoletano di 51 anni catturato dalle forze speciali ucraine a Kharkiv, nel Donbas, che in un video sostiene di essere stato costretto a combattere per la Russia.

Infatti, nelle immagini diffuse sui social, Cenni sostiene di essere stato “mobilitato illegalmente in Russia per combattere in Ucraina e di volere tornare in Italia”.

L’uomo si è trasferito in Russia alcuni anni fa, poiché in Italia era già stato condannato due volte, di cui una per omicidio. Cenni aveva anche sostenuto di aver lavorato a Napoli nella nota pizzeria ‘La Figlia del Presidente’, informazione smentita dai titolari dell’attività.

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