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Il cooperante 33enne morto in Colombia in circostanze ancora da chiarire “Chi conosce la verità parli”

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Marchiato da due strisce rosse sulle guance, il volto di Mario Paciolla, 33enne napoletano morto in Colombia, verrà dipinto nella sua ex scuola. «Perché il simbolo di una generazione, e anche della mia», dice Jorit al telefono da New York prima di rientrare in Italia, a distanza inizia così a tratteggiare il profilo del ragazzo, cooperante delle Nazioni Unite, trovato senza vita tra il 14 e il 15 luglio 2020 nel suo appartamento a San Vincente del Caguan. In circostanze ancora da chiarire. L’artista si unisce all’appello dei genitori nella ricerca della verità: «Chi sa qualcosa, parli». Tramite la piattaforma “Marioveritas”, ora è possibile inviare segnalazioni e testimonianze, anche in forma anonima, utili alle indagini che potrebbero altrimenti chiudersi con l’archiviazione.

«Ho conosciuto tanti giovani italiani in giro per il mondo e, forse, i napoletani sono quelli che si ritrovano più spesso in angoli sperduti, impegnati a sostenere ideali di giustizia e cause positive: Mario rappresenta questa generazione, e anche la mia, perché ha cercato di portare avanti una missione nel mondo, dopo vissuto molte ingiustizie nella sua città, che ne è piena. Per tutti noi, è un simbolo». Così il ragazzo trova posto, tra San Gennaro e Maradona, nella sua “Human tribe”, la galleria di ritratti marchiati con le due strisce rosse sulle guance che rimandano a riti di passaggio, d’ingresso, in particolare nelle tribù africane. «Cerco sempre di raffigurare dei simboli che possano ispirare energie positive, ogni opera, che ho fatto, ha avuto un motivo: Mario rappresenta i ragazzi di Napoli, la parte sana. Tra l’altro, noi due abbiamo amici in comune: siamo un po’ tutti cresciuti credendo in un mondo nuovo e migliore, più bello rispetto alla dura realtà».

Ha conosciuto i suoi genitori? «Sì, e non ci sono parole da dire di fronte al dolore provocato dalla perdita di un figlio». La morte è sopraggiunta in circostanze che la famiglia ritiene a dir poco opache, tant’è che, sin dal primo momento, solleva una serie di interrogativi rimasta senza risposta. Anche il progetto “Jorit per Mario Paciolla” è per loro un modo di tenere alta l’attenzione.  «Sono stato in Colombia la scorsa estate, per 20 giorni: purtroppo, la violenza in tutto il Sud America resta diffusa, una vita umana vale molto poco, Per quanto la realtà possa essere cambiata negli ultimi tempi, rimane molto complessa, Ci sono dinamiche peggiori rispetto a quelle in Europa». La madre e il padre di Mario hanno scritto al governo di Bogotà, dove è stato aperto un fascicolo giudiziario.  «Sono con loro, ma credo sia tutto molto difficile».

Loro sono convinti che Mario sia stato ucciso e non si sia impiccato: chiedono, dunque, che anche l’inchiesta aperta dalla Procura di Roma non venga archiviata e sono alla ricerca di elementi decisivi. «I genitori di Mario fanno la loro parte: in una situazione tanto delicata, non posso esprimermi». Il 30 gennaio la presentazione delle iniziative a San Domenico Maggiore, tra cui il suo progetto da realizzare con il crowdfunding nell’istituto frequentato da Paciolla, il “Vittorini”, una volta risolte alcune questioni tecniche e completati gli adempimenti burocratici. Ha deciso, intanto, quale foto usare? «Non ne utilizzo mai una sola, le unisco, in genere». Nei suoi murales, sono “nascoste” delle scritte che spesso ampliano il significato delle opere: ha scelto quali? «Non ancora, dipende anche dalla grandezza dell’opera». Ma ha un messaggio chiaro da mandare ai ragazzi. «Di non arrendersi al cinismo in una realtà che dice di farsi i fatti propri e di non avere slanci. Di vivere cercando qualcosa che vada al di là degli egoismi personali».  Un po’ come ha fatto Mario. «Che non voleva diventare un eroe, ma lo è oggi».

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Si ipotizzano omicidio e disastro colposo per l’esplosione a Ercolano

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Si ipotizzano i reati di omicidio colposo plurimo e di disastro colposo nelle indagini sull’esplosione di una fabbrica abusiva di fuochi d’artificio che ieri ha causato la morte di tre giovani, un 18enne, che lascia un bimbo di 4 mesi, e di due gemelle di 26 anni.
    Secondo quanto si è appreso l’onda d’urto ha proiettato il corpo del 18enne a decine di metri dal luogo dell’esplosione: la salma è stata recuperata e poi trasferita al secondo policlinico di Napoli dove verrà sottoposto a esame autoptico.

Oggi dovrebbero essere recuperate le salme delle altre due vittime: ieri, infatti, si è resa necessaria la sospensione dei lavori per il timore di altri scoppi visto che l’area era disseminata di polvere pirica e botti inesplosi.
    Identificato, nel frattempo, dai carabinieri il proprietario dell’immobile che era stato adibito abusivamente alla produzione e al confezionamento dei fuochi d’artificio: si tratta di un 38enne che, accompagnato dal suo avvocato non ha voluto rilasciare dichiarazioni agli inquirenti.

La sua posizione ora è al vaglio del sostituto procuratore di Napoli Vincenzo Toscano.
    Intanto i militari sono al lavoro per fare luce sulle cause della deflagrazione: al momento non ci sono certezze su come si sia innescato lo scoppio. L’area, già da ieri, per motivi di sicurezza è interdetta al passaggio dei veicoli e delle persone.
    Nelle prossime ore è prevista la bonifica da parte degli artificieri dell’arma dei carabinieri mentre i vigili del fuoco procederanno alla rimozione delle macerie. Successivamente si procederà alla messa in sicurezza della zona.

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Litiga con la compagna e scappa con il figlio di lei

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PIETRAMELARA – Ristretto ai domiciliari litiga con la compagna e scappa con il figlio 11enne di lei, ore di angoscia per una donna di Pietramelara

La madre dell’undicenne si è rivolta ai carabinieri e sporto denuncia rivolgendo un appello ai militari: “Aiutatemi a trovare mio figlio. Voglio solo sapere dove sta il mio piccolo e riabbracciarlo al più presto. Sto vivendo un incubo”. Scattate le ricerche, sul capo dell’uomo oltre all’evasione dagli arresti pende anche l’accusa di sottrazione di minore.

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Castellammare di Stabia rientro blindato per gli alunni

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Oggi gli alunni di Scanzano sono entrati in classe accompagnati dai genitori e protetti dalla presenza dei carabinieri. Non si placa la tensione all’istituto ‘2 Panzini’, dove giovedì scorso un gruppo di genitori e parenti dei bimbi hanno aggredito una docente di sostegno.

“La scuola deve essere un luogo dove si lavora e si studia nella serenità, e nell’armonia, è comunque grave che 30 ‘parenti’ si siano arrogati il diritto di esercitare una sorta di ‘giustizia fai da te’ contro un’insegnante.

L’episodio testimonia l’imbarbarimento di una società sempre più violenta, che ha necessità di recuperare i valori della civile convivenza”, lo scrive Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito

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