GRAN BRETAGNA – 8 settembre 2022. Il sole irradia le Isole britanniche mentre fiumi di cittadini e turisti scorrono svelti in lungo ed in largo le affollate strade urbane. Tutto procede.
Sono le 18.30, ora locale, l’ombra avvolge la Scozia presagio di un tragico fato. A Buckingham Palace bandiera a mezz’asta. Il mondo si ferma. La Regina Elisabetta II è morta.
Sulle grate del palazzo reale il comunicato ufficiale. Lacrime, silenzi, lettere. L’ingresso della dimora reale si colora delle tinte delle rose e dei gigli, dei crisantemi e delle gerbere mentre il mondo indossa le vesti luttuose spegnendo i suoi monumenti più celebri.
La trama prevedibile di una storia a cui il pianeta non aveva saputo ancora dare un finale o che forse rifiutava. In un mondo tormentato dal mare dei cambiamenti e spesso traghettato violentemente da una avversità all’altra, Sua Maestà era la stella polare di ogni anima smarrita ed in quanto tale irrinunciabile, quasi che ad essa non fosse concesso di esaurirsi. “God save the Queen” sembrava sugellare l’inno e la garanzia della sua permanenza al trono e, in certo qual modo, la sua immortalità.
Da Emmanuel Macron a Xi Jinping, da Papa Francesco a Joe Biden gli omaggi non cessano di arrivare. Le televisioni di tutto il globo inquadrano la famiglia reale, che da oggi ha un nuovo sovrano: Re Carlo III. La legge, severa ed arida, assicura la continuità della Corona non lasciando spazio a momenti di raccolta o riflessione.
Sarebbe opportuno domandarsi, tuttavia, come sia possibile che la popolazione mondiale noncurante delle distanze geografiche, delle diversità culturali, delle distinte forme di stato sia stata scossa dalla morte di un monarca e quale ruolo abbia quest’ultimo effettivamente svolto.
Elisabetta II, nei suoi oltre settant’anni di regno, non è stata una protagonista della storia, ma la più rigorosa testimone di tutti i tempi. Il suo merito più grande è semplicemente stato quello di “esistere” e adeguare, quando necessario, il suo ruolo alle crescenti esigenze dell’attualità.
Osservatrice attiva, non ha mai tradito le emozioni, costretta dalla sua posizione e da quella promessa di dedicare la sua intera esistenza, lunga o breve che fosse, al servizio dei cittadini e della famiglia imperiale oltre che alla missione di rendere “questo antico Commonwealth qualcosa di ancor più grande, più libero e capace di influenzare il mondo nelle scelte migliori”. La sua abnegazione verso una causa più grande; l’amore incondizionato verso il suo amato Filippo, sua “forza” e “sostegno”; le sue straordinarie capacità, mascherate da una figura così apparentemente fragile seppur composta; quelle conoscenze tali da renderla saggia interlocutrice per i più grandi esponenti mondiali, l’hanno trasformata in una delle figure più importanti della storia dell’ultimo millennio.
Ciò che più si ammira di lei, tuttavia, è stata la sua tenacia: “Mai arrendersi, mai disperare” disse in occasione del 75esimo anniversario della vittoria sulla Germania nazista. Oggi, possiamo usare quelle stesse parole rassicuranti guardando alla sua triste dipartita consapevoli che Elizabeth Alexandra Mary non è stata solo la regina del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord e degli altri reami del Commonwealth. Ella è la Regina oltre ogni limite temporale o spaziale, oltre ogni dimensione numericamente misurabile poiché l’intangibile non può essere quantificato e così l’affetto e l’amore dei suoi sudditi e del mondo tutto. Ed allora riuniamoci intorno ad un ultimo solenne: “God save the Queen!”.