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Svezia e Finlandia nella NATO: l’importanza strategica e la paura del governo Putin

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EUROPA – Il giorno 24 febbraio 2021 il governo di Mosca invade l’Ucraina: scoppia la guerra in Europa, non accadeva dalla fine del secondo conflitto mondiale. L’intenzione dell’avanzata russa è scongiurare l’entrata del Paese guidato da Volodymyr Zelensky nella North Atlantic Treaty Organization (NATO) e dunque il progressivo ampliamento dei confini di cui l’organizzazione internazionale si è resa protagonista negli ultimi trent’anni.

L’ampliamento dei confini verso l’Ucraina era piuttosto incerto. Si presume, dipendentemente dalle sorti che avrà la fine del conflitto, che il paese difficilmente entrerà a far parte della NATO, ma che una parte di esso (quella in cui la morsa russa non avrà attecchito) sarà integrata nel sistema occidentale.

Ciò che appare, ed appariva, prossimo invece è l’estensione dell’Alleanza Atlantica verso una dimensione baltica. Trattasi di una zona fortemente strategica in quanto costituisce l’area più settentrionale e prossima alla Federazione Russa, nonché luogo ove confluiscono potenze dal sentimento radicalmente anti-russo. I Paesi, seppur di maggiore potenza, appartenenti all’Eurozona (es. Italia, Francia e Germania) non percepiscono la minaccia putiniana tale da compromettere la propria esistenza distintamente da tali paesi.

A questo punto della storia la domanda sorge spontanea: cosa accadrebbe nell’ipotesi in cui stati quali Svezia, Finlandia e Norvegia entrassero nella NATO? In tale previsione, il Mar Baltico diverrebbe di fatto in lago atlantico, un’area di libera circolazione per flotte navali ed aeree appartenenti all’Alleanza. Si verificherebbe, in tal senso, quell’assedio di cui la Russia non nasconde di soffrire.

Nell’ipotesi di un ampliamento dei confini due su tutti sarebbero i territori maggiormente minacciati: Kaliningrad, ex enclave russa circondata su terra da Lituania e Polonia, e minacciabile dal Mar Baltico dalle potenze NATO, e San Pietroburgo, antica capitale russa nonché città natale di Vladimir Putin, che sarebbe plausibilmente sottoposta ad un blocco navale virtuale permanente dalle flotte NATO. Tale quadro chiarifica i motivi della violenza russa ed in particolare la veemenza dell’annuncio di Dmitrij Medvedev, ex presidente della Federazione Russa, ad una violenta reazione in caso di entrata da parte di Svezia e Finlandia nell’organizzazione.

La volontà dei governi dei due Paesi è stata più volte palesata in senso favorevole. Non poche sono però le difficoltà sul cammino: prima tra queste la necessità di unanimità alle votazioni da parte dei trenta Paesi che compongono la NATO. Proprio qualche ora fa il Presidente turco Erdogan ha annunciato la sua contrarietà giustificata dall’eccessiva tolleranza mostrata da questi popoli nei confronti dei curdi del PKK impegnati nel combattimento del governo di Ankara da decenni e che il premier, nonché, la maggior parte de popolo turco, considera separatisti e terroristi. Dichiarazioni veritiere o apertura di gioco? Secondo alcuni analisti geopolitici si tratterebbe di un mezzo volto all’ottenimento di una futura disponibilità su altri terreni di gioco. La Turchia non è la sola a mostrare una certa riluttanza, altri paesi nutrono riserve ma esibiscono meno le loro incertezze.

Altro elemento di preoccupazione è il tempo impiegato per l’effettiva entrata. Il procedimento infatti non è rapido. In condizioni di normalità passerebbero degli anni tra la richiesta e l’entrata, tuttavia ora i tempi sembrerebbero essere prossimi a subire un taglio riducendosi a mesi. Permarrà, comunque, una fase d stallo: ove i Paesi aspiranti non saranno formalmente sotto l’ombrello NATO. Tuttavia, l’Alleanza ha già avanzato una risoluzione affermando che i membri saranno considerati formalmente e sostanzialmente tali nell’immediato.

Motivo di preoccupazione del governo di Mosca, inoltre, non è solo il Mar Baltico, ma la rotta artica. Quest’ultima è, teoricamente, la via più breve per collegare i commerci dalla Cina all’America e viceversa, in alternativa alla via Mediterranea. Siccome i russi prevedono che la futura fusione dei ghiacci aprirà stabilente la rotta, sarà possibile rendere commercialmente utile l’area. Il possibile accesso degli americani nella zona scoraggia fortemente il governo di Putin.

Verificheremo con il tempo quanto queste ipotesi si verificheranno: a raccontarlo sarà la storia.

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Corte penale internazionale: mandato di arresto internazionale per Netanyahu per ‘crimini di guerra’

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La Camera preliminare I della Corte penale internazionale ha emesso mandati di arresto per il premier israeliano Benyamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant nell’ambito della guerra a Gaza “per crimini contro l’umanità e crimini di guerra” commessi almeno dall’8 ottobre 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024, giorno in cui la Procura ha depositato le domande di mandato di arresto”, riferisce una nota parlando di “un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza”.

La Camera preliminare I della Corte penale internazionale “ha emesso all’unanimità un mandato di arresto per Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri, comunemente noto come Deif”, il capo militare di Hamas che Israele ritiene di aver ucciso in un bombardamento sulla Striscia di Gaza lo scorso luglio.

Lo si legge in una nota della Corte la quale spiega che, dopo ulteriori richieste di informazioni a Israele e Palestina, la Camera preliminare “non è in grado di stabilire se Deif sia stato ucciso e sia ancora in vita”. Pertanto, ha emesso il presente mandato d’arresto contro Deif “per presunti crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi sul territorio dello Stato di Israele e dello Stato di Palestina almeno dal 7 ottobre 2023”. La nota ricorda inoltre che la Procura aveva chiesto anche l’arresto di “altri due importanti leader di Hamas, vale a dire Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar”, ma le richieste sono state ritirate “dopo la conferma della loro morte”. “L’accusa – prosegue la nota – continua a indagare sui crimini nel conflitto in corso e prevede che verranno presentate ulteriori domande di mandato d’arresto”.

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Corte dell’Aja, Shell vince in appello contro gli ambientalisti

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I giudici olandesi hanno respinto l’appello da parte di gruppi ambientalisti che sostenevano che il gigante petrolifero Shell non faceva abbastanza per tagliare le proprie emissioni di gas serra, annullando una decisione storica del 2021.

“Il giudizio finale della corte è che il ricorso di Milieudefensie (ong ambientalista, n.d.r.) non può essere accolto. La Corte d’Appello annulla quindi il giudizio originale”, ha detto la giudice Carla Joustra alla Corte d’Appello dell’Aja. 

Un tribunale olandese di primo grado tre anni fa fa aveva stabilito che Shell doveva ridurre le sue emissioni di carbonio del 45% al 2030, poiché stava contribuendo ai “terribili” effetti del cambiamento climatico. Sia Shell che i gruppi ambientalisti avevano fatto appello. La sentenza del 2021 era stata vista come una vittoria storica per gli attivisti del clima che avevano fatto causa: Milieudefensie, la branca olandese di Friends of the Earth, e altri sei gruppi. 
I giudici di appello hanno sostenuto invece che “Shell sta già facendo che quello che ci si aspetta”. La società “deve dare un contributo appropriato agli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi – ha detto la giudice Joustra -. Tuttavia, la legislazione climatica esistente non fornisce una percentuale specifica di riduzione per le singole società”.

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“Una pizza numero 40, per piacere” e arrivava la cocaina: tre persone in manette

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La polizia tedesca ha smantellato un caso che sembra uscito direttamente da un film.

Al centro dell’indagine, una pizzeria di Düsseldorf, utilizzata come copertura per il traffico di cocaina nascosta sotto le pizze.

Tutto è iniziato a marzo, quando un ispettore del lavoro ha rinvenuto tracce di cocaina nella cucina del locale, scatenando l’intervento delle forze dell’ordine, che hanno rivelato un sistema ben organizzato.

I clienti che ordinavano la pizza numero 40 ricevevano non solo la pizza, ma anche la droga nascosta sotto di essa.

Sebbene i dettagli sugli ordini e i costi non siano stati resi noti, è emerso che il proprietario, un 36enne di origine croata, era coinvolto in una rete criminale.

La scorsa settimana, la polizia ha arrestato tre persone, tra cui un giovane tedesco di origine russa, considerato il capo dell’organizzazione. L’operazione ha portato al sequestro di 1,5 kg di cocaina, 400 g di cannabis, 280.000 euro in contanti, orologi di lusso e armi, trovati nell’appartamento del proprietario.

Nonostante un breve rilascio, il titolare ha ripreso le sue attività illecite, fino a quando, in agosto, è stato arrestato definitivamente e la pizzeria è stata chiusa.

Le indagini hanno rivelato che l’organizzazione gestiva anche serre di cannabis in diverse proprietà, tra cui una a Mönchengladbach con 300 piante. L’operazione, che ha coinvolto oltre 150 agenti e perquisito 16 proprietà in 9 città, ha smantellato l’intera rete criminale.


(fonte: worldy.it)

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