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Inchieste

Lo strano caso di Emis Killa: niente stadio ma canterà a Sanremo

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Il rapper Emis Killa salirà sul palco dell’Ariston con la sua ‘Demoni’, nonostante sia indagato dalla Procura di Milano per associazione a delinquere e sia stato raggiunto dal Daspo che gli vieta di assistere agli incontri di calcio.

Infatti il rapper 35enne, al secolo Emiliano Rudolf Giambelli, è stato iscritto nel registro degli indagati dell’inchiesta ‘Doppia Curva’ della Dda sugli affari criminali del mondo ultrà interista e milanista, che a fine settembre ha portato all’emissione di 19 misure cautelari e all’azzeramento delle due curve di Milano.

Pertanto Killa era già stato condannato al Daspo dal questore di Milano, che gli vieta di assistere a manifestazioni sportive allo stadio per i prossimi tre anni. Tuttavia ha fatto discutere la decisione di far esibire comunque il rapper a Sanremo, poiché è un paradosso pensare che egli non possa entrare in uno stadio per una partita di calcio, ma possa salire sul palco più famoso d’Italia.

Inoltre, sono comparse sui social alcune fotografie con altri personaggi considerati dagli inquirenti vicini alle cosche calabresi, come Alfonso Cuturello e Antonio Favasuli.

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Caso Almasri, Meloni indagata per favoreggiamento e peculato: la situazione

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Tiene banco in queste ore il caso Almasri, il comandante libico arrestato perché accusato di crimini contro l’umanità, per poi essere rilasciato e riportato nel proprio Paese con un aereo di Stato.

Contestualmente, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato in un video di essere indagata per favoreggiamento e peculato. Oltre alla premier, sono stati iscritti al registro degli indagati anche i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e il sottosegretario Alfredo Mantovano.

L’inchiesta è stata aperta a seguito della denuncia fatta due giorni dopo la scarcerazione e l’espulsione di Almasri dal penalista Luigi Li Gotti.

Pertanto, la richiesta agli inquirenti è chiara:

“Svolgere indagini sulle decisioni adottate e favoreggiatrici di Almasri, nonché sulla decisione di utilizzare un aereo di Stato per prelevare il catturato (e liberato) a Torino e condurlo in Libia”.

In particolare, la prima accusa a carico di Meloni è di favoreggiamento personale, poiché avrebbe aiutato Almasri ad evitare le indagini. Ecco quanto previsto dall’articolo 378 del Codice Penale:

“Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione (…) aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti, è punito con la reclusione fino a quattro anni”.

Invece, la seconda accusa contro la premier è quella di peculato. Si tratta di un illecito che riguarda i pubblici ufficiali o gli incaricati di pubblico servizio, che secondo l’articolo 314 del Codice Penale “se uno di loro, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi”.  

Pertanto, l’Associazione Nazionale dei Magistrati ha così dichiarato in una nota:

“Al fine di fare chiarezza si parla di un totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell’attività svolta dalla procura di Roma. La Procura di Roma non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi, ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto, perché previsto dall’articolo 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89. La disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, e omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati. Si tratta, dunque, di un atto dovuto”. 

Ora il caso sarà valutato dal Tribunale dei Ministri, una sezione specializzata del tribunale ordinario competente per i reati commessi dal presidente del Consiglio e dai ministri nell’esercizio delle loro funzioni.

Esso adesso avrà due opzioni da poter percorrere: la prima è quella di avanzare richiesta di archiviazione, mentre la seconda è quella di inviare tutto alla Procura perché chieda alle Camere l’autorizzazione a procedere.

Inoltre la Camera competente può negare, a maggioranza assoluta l’autorizzazione, se ritiene che la persona soggetta a indagine abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico. Se invece concede l’autorizzazione a procedere, il giudizio di primo grado spetta al tribunale ordinario del capoluogo del distretto di Corte d’Appello competente per territorio. 

La prima e immediata conseguenze dell’indagine è che i ministri Nordio e Piantedosi oggi non si presenteranno alle Camere per discutere del casi Almasri, mentre un’altra conseguenza potrebbe riguardare anche il caso Santanché, poiché la valutazione sul ministro del Turismo e le possibili dimissioni potrebbero essere congelate per la situazione che si è creata.

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Inchieste

Inchiesta della Corte dei Conti sulla Ctp, parla De Magistris: “Abbiamo salvato aziende e posti di lavoro”

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L’ex sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ha rilasciato alcune dichiarazioni relative alla recente inchiesta della Corte dei Conti sulla Ctp, che lo vede suo malgrado coinvolto.

Ecco le sue dichiarazioni in merito alla vicenda:

“Ieri mi è stato notificato, unitamente ad una trentina di persone, tutti consiglieri metropolitani, dirigenti e anche il segretario generale, un mero atto di interruzione della prescrizione per un’indagine della Procura regionale della Corte dei Conti per fatti risalenti a ben sei anni fa. Si indaga su eventuali violazioni meramente formali per un’operazione, tra l’altro assolutamente corretta sul piano formale e impeccabile sul piano sostanziale e politico, che portò alla messa in sicurezza di Ctp, l’azienda del trasporto pubblico dell’area metropolitana di Napoli, per evitare la sua fine e salvare non solo un’azienda pubblica che era in grado di continuare ma anche preservare centinaia di posti di lavoro”.

Poi, prosegue: “L’operazione, di cui siamo tutti orgogliosi, è stata approvata da tutti i dirigenti dei vari settori coinvolti, dal direttore generale, dal capo di gabinetto, dal segretario generale, da tutti i tecnici e revisori dei conti e dal consiglio metropolitano. Un lavoro di squadra encomiabile nell’esclusivo interesse pubblico. Sono certo della correttezza formale di bravi ed onesti funzionari e dirigenti nonché orgoglioso di una scelta politica collettiva, che deve essere autonoma e discrezionale, caratterizzata da onestà, competenza e coraggio. Rivendico di essere stato determinante a salvare, rilanciare e rendere virtuosi, con enorme volontà e coraggio nel momento economico più drammatico e senza soldi, il Comune, la Città metropolitana e tutte le aziende partecipate che stavano sull’orlo del baratro. Per CTP è andata poi diversamente, solo perché il nostro mandato è finito ed altri poi hanno ritenuto di fare altre scelte, che ritengo totalmente sbagliate. Rammento senza nemmeno un euro di stipendio o indennità in città metropolitana e con l’indennità più bassa di sindaco di Napoli”.

Infine, conclude: “Per la cronaca aggiungo che con questo procedimento ho raggiunto i 104 procedimenti penali, civili, erariali, amministrativi e disciplinari in trent’anni di vita istituzionale in prima linea, per essere troppo onesto e coraggioso, costituzionalmente orientato e mai pavido e pilatesco, e per non perdere la voglia, colpa imperdonabile nel Paese, di attaccare le malefatte del potere sempre più intriso di corruzione. Ancora una volta, con pazienza, confido nella serietà e nella buona fede delle istituzioni anche dopo aver visto 103 procedimenti concludersi positivamente, pur avendomi costretto a passare una vita a difendermi e a pagare prezzi (soprattutto istituzionali, familiari ed economici) incalcolabili per aver deciso di non avere prezzo. Ma non c’è prezzo a non avere prezzo”.

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Calcioscommesse, sotto inchiesta il portiere dell’Udinese Maduka Okoye: la situazione

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Una vera e propria bufera potrebbe presto abbattersi sull’attuale portiere dell’Udinese, Maduka Okoye, finito sotto inchiesta per un caso di calcioscommesse.

Infatti, la Procura di Udine sta indagando su una serie di puntate anomale durante un match tra i bianconeri e la Lazio dello scorso campionato di Serie A. Tuttavia, oltre al 25enne, è indagato anche Diego Giordano, imprenditore 40enne titolare di una pizzeria a Udine.

In particolare, l’inchiesta nasce da una segnalazione di Sisal, un flusso anomalo di scommesse sull’ammonizione del portiere Okoye durante Lazio-Udinese dell’11 marzo 2024, vinta dai friulani per 2-1. L’estremo difensore ricevette il cartellino giallo al 19esimo del secondo tempo per perdita di tempo, un comportamento normale per un portiere in questi casi.

Secondo l’algoritmo di Sisal, su quell’ammonizione sono arrivate troppe puntate, così da far scattare l’inchiesta che vede Okoye e Giordano accusati di truffa. Contestualmente, sono state effettuate perquisizioni e verifiche sui cellulari di entrambi, alla ricerca delle prove di un eventuale accordo e di una possibile rete di contatti.

Pertanto l’avvocato Maurizio Conti, legale di Okoye, ha così dichiarato:

“Il mio cliente è sereno, al momento opportuno forniremo tutti i chiarimenti del caso. La questione è piuttosto delicata”.

L’Udinese attende vigile l’evolversi della situazione, ma se le accuse venissero confermate Okoye rischia una pesante squalifica in ambito sportivo, non inferiore ai 4 anni.

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