SANT’ANTONIO ABATE – Con un iter procedurale che è durato più di otto anni, finalmente con sentenza della Cassazione nel 2024 il Comune di Sant’Antonio Abate è diventato proprietario dei beni ricompresi nel compendio immobiliare denominato Grand Hotel La Sonrisa, che sono entrati nel patrimonio comunale.
La sentenza definitiva del giudice penale ha accertato che vi è stata lottizzazione abusiva, e ha disposto la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono stati acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione.
Tutto chiaro? Abbiamo capito che ora il proprietario del Grand Hotel La Sonrisa è l’ente comunale? Si? A quanto pare l’Amministrazione comunale non l’ha compreso bene bene bene.
Vogliamo comprendere che la famiglia Polese di seconda generazione abbia visto sottrarsi un bene che fino a ieri considerava di sua proprietà e pertanto si è visa costretta a tentarle tutte pur di recuperarlo ma che un’Amministrazione comunale non abbia ben compreso quale sia il suo ruolo una volta diventato il proprietario di un bene ha dell’assurdo se non dire del kafkiano.
Una volta acquisito il bene a patrimonio comunale il 15 febbraio dell’anno scorso il Comune di Sant’Antonio Abate non ha provveduto ad adottare i provvedimenti conclusivi indirizzati a definire le eventuali attività amministrative a compiersi nonché a non ha individuato le modalità di prosecuzione della gestione del complesso turistico-recettivo, anche in ragione della rilevanza rivestita nell’economia del territorio, che non compete al giudice amministrativo sostituirsi all’amministrazione in tali opinabili valutazioni, rientrando nelle competenze comunali dover valutare, non solo la destinazione da imprimere alle relative aree, ma anche le relative modalità di gestione, in proprio, o mediante altre forme di affidamento ai soggetti privati interessati.
Bene, su questo mancato provvedimento conclusivo si appellano gli ex proprietari della Sonrisa e facendo passare il messaggio di essere ancora i proprietari del bene, intendono trascinare in giudizio il Comune di Sant’Antonio Abate appellandosi al TAR che nel frattempo, con sentenza del 9 gennaio scorso decide di sospendere la valutazione e dispone un termine dilatorio di trenta giorni. In poche parole nulla è ancora deciso ma c’è una cosa che fa sorridere tanto, ed è quella che il giorno dopo la decisione dei giudici e due giorni prima della pubblicazione della sentenza del TAR sull’albo pretorio compare un impegno di spesa di 20mila euro da destinare ad eventuali incarichi di difesa dell’ente in contenziosi dinanzi al TAR e Consiglio di Stato connessi alle procedure relative alla confisca del Grand Hotel “La Sonrisa”.
Ma le domande che vorremmo porre al Sindaco Ilaria Abagnale sono le seguenti: che senso ha costituirsi in eventuali giudizi, così come già successo dinanzi al TAR prodotti da ex proprietari di un bene che pur di trascinare l’ente in giudizio fondano il proprio appello su un dato non veritiero, facendosi passare per proprietari del bene? Che senso ha impegnare 20mila euro di soldi dei contribuenti per difendersi da una situazione paradossale? Non crede che i giudici, in automatico, possano far decadere qualsiasi giudizio perché nell’istanza è presente un vizio di forma originario? Perché difendersi da un’azione legale intrapresa da chi millanta di essere proprietario del bene quando c’è una sentenza di Cassazione che ha stabilito che non lo è più? Non crede che lei e la sua Amministrazione siate arrivati al paradosso? Ai posteri l’ardua sentenza.