L’ex attaccante della Juventus, Michele Padovano, è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport all’uscita dal cinema Massimo a Torino, dove ha presenziato alla prima di ‘Michele Padovano-Innocente-17 anni senza libertà’, un documentario prodotto da Sky e in uscita a gennaio 2025 che racconterà l’incredibile vicenda processuale che lo ha visto protagonista.
Ecco le parole dell’ex centravanti:
“Questa storia non solo mi ha tolto 17 anni di vita, ma ha anche sconvolto l’adolescenza di mio figlio. I dieci giorni di isolamento nel carcere di Cuneo sono stati il momento più duro. Sembrano pochi dieci giorni, ma quando li trascorri chiuso in una stanza con solo una finestrella dalla quale ti passano i pasti, vi posso assicurare che sembrano infiniti. Dieci giorni fuori dal mondo, senza capire il perché, visto che non avevo fatto proprio nulla”.
Poi, aggiunge: “Sapevo di non aver commesso nulla e mi ripetevo: dovessi anche metterci tutta la vita, mi difenderò fino alla fine per dimostrare la mia innocenza. Sono stato un attaccante da giocatore, ma come dicono gli avvocati: in questa triste storia mi sono rivelato il miglior difensore di me stesso”.
Tuttavia, ciò gli è costato quello che aveva: “Ho venduto la casa in montagna, due appartamenti a Torino, orologi lussuosi, oro. Non mi era rimasto più nulla, ma non potevo fare diversamente. Ho giocato in Serie A, nella Juve e nel Napoli, ma la vita costa e quando non hai entrate ti trovi costretto anche a dover chiedere aiuto agli amici”.
Infine, parla dell’importanza delle telefonate che gli faceva Gianluca Vialli:
“Era il mio modello e idolo, poi ho avuto la fortuna di giocare e vincere con lui nella Juventus. Mi dispiace che non abbia fatto in tempo a gustarsi la mia assoluzione, ma sono sicuro che avrà esultato in cielo. Penso tutti i giorni a Gianluca e lo avverto vicino a me, come l’altro mio grande amico: Berga. Ho chiamato mio figlio Denis in onore di Bergamini, mio compagno a Cosenza”.