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Cronaca

Fuorigrotta, investì e uccise la giovane Rita Granata: condanna a 8 anni per il pirata della strada

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Era la notte tra il 5 e il 6 maggio quando Rita Granata fu investita da un’auto all’uscita da una discoteca di Fuorigrotta, in via Leopardi. Morì dopo 4 giorni di agonia, mentre i carabinieri erano sulle tracce del pirata della strada in fuga dopo l’incidente.

Tuttavia stamane, il giovane Antonio Riccio è stato condannato a 8 anni di reclusione per omicidio stradale pluriaggravato e omissione di soccorso. A tal proposito, arrivano le parole del papà della vittima:

“Nonostante la sentenza per noi favorevole, resta una forte rabbia per aver perso una figlia in un modo così assurdo. Lui ha pensato solo a sé stesso, sia nell’immediatezza dei fatti che nel corso del processo, senza mai chiederci scusa, aggiungendo altro dolore a una famiglia già distrutta”.

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Sequestrati beni per circa 6 milioni di euro a un esponente di spicco della camorra

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Eseguito un sequestro di beni dal valore di circa 6 milioni di euro (comprese abitazioni nella zona di San Giovanni a Teduccio), in parte conferibili a “o’ pirata” Salvatore D’Amico, figura apicale nella camorra napoletana.

I beni includono anche rapporti finanziari, oltre a società attive nel commercio all’ingrosso e al dettaglio di prodotti petroliferi e lubrificanti.

D’Amico ha stabilito rapporti con il clan Mazzarella e le sue estensioni, come il gruppo Luongo di San Giorgio a Cremano. Ad ostacolare il suo potere la competizione con clan rivali, tra cui i Rinaldi e i Reale.

La Polizia di Stato, attraverso la Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali della Divisione Polizia Anticrimine, sta attuando una strategia rigorosa per colpire il cuore dell’economia criminale.Questa metodologia permette di smantellare le strutture economiche della criminalità organizzata, riducendo così la loro influenza e opprimente presenza nei tessuti sociali locali.



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Cronaca

Processo Filippo Turetta, parla la difesa: “Non è in grado di premeditare nulla, l’ergastolo non sarebbe rieducativo”

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Dopo la richiesta di condanna all’ergastolo presentata ieri dall’accusa, oggi è il giorno della difesa per Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin.

In particolare il suo legale, ha così dichiarato davanti alla Corte d’Assise di Venezia:

“Oggi ho un compito non facile: assistere e difendere un imputato reo confesso di un omicidio efferato gravissimo e altri reati satellite. Assisto un giovane ragazzo che ha ucciso una giovane ragazza privandola della vita, dei ricordi, dei sogni, delle speranze, dei progetti e la priva di tutti i legami che la univano alle persone che l’amavano e aveva riposto in lei aspettative di un futuro radioso”.

Pertanto la tesi dell’accusa è stata contestata in aula dall’avvocato del giovane, Giovanni Caruso, che ha così aggiunto:

“Se c’è uno che non sa premeditare alcunché e Filippo Turetta. Non me ne voglia Filippo ma, a meno che non sia il più consumatore degli attori, è insicuro: è insicuro di fare gli esami, non sa se riprendere a giocare a pallavolo, non sa se Giulia è ancora innamorata di lui. Porterò una goccia d’acqua di legalità, voglio portarla fino alle sue estreme conseguenze”.

Poi, rivolgendosi ai giudici popolari: “Io sono il colibrì, voi siete il leone. Non abbandonate la foresta in fiamme. Non dovete comprendere Filippo, dovete mettere un argine, quello della legalità”.

Poi, ancora Caruso prosegue nell’arringa: “L’ergastolo è da molto tempo ritenuto una pena inumana e degradante, le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. L’ergastolo è il tributo che lo stato di diritto paga alla pena vendicativa”. 

Tuttavia l’accusa continua a chiedere l’ergastolo per l’imputato, con il Pm Petroni che dice di non credere al tentativo di suicidio di Turetta:

“Durante il primo incontro in carcere ho avuto la spiacevole sensazione di essere preso in giro: ha detto di aver prelevato i soldi per fare shopping, di avere il nastro per attaccare la pergamena della laurea di Giulia e i coltelli in auto per il suo suicidio. Un caso di scuola, mi sembra difficile trovare una premeditazione più premeditata di questa, iniziata quattro giorni prima in un rapporto costante con la parte offesa”.

Su questo punto il difensore di Turetta ha chiosato affermando:

“Un’interpretazione da cui dissento, non è proprio un caso di scuola. Siamo sicuri che quella lista non sia una fantasia di agiti violenti? Denota davvero un proposito chiaro quella persistenza verso l’omicidio? La premeditazione non c’è stata, è piuttosto un vediamo un po’ come va”.

Infine, conclude così la sua arringa: “Davvero credete che Turetta voglia evitare l’ergastolo? Dico una cosa un po’ triste, ma l’unico ambiente in cui Filippo Turetta può incrociare umanità ed essere considerato un essere umano sono i compagni di cella, perché vivono di un’umanità compromessa. La società non è pronta oggi per ospitare Filippo Turetta, questa è la realtà ed è giusto così: la pena significa tempo, e lui è consapevole che gran parte della sua vita la trascorrerà in carcere”. 

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Cronaca

Scappa dal carcere di Secondigliano dopo il permesso: trovato dopo aver pedinato la moglie

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Per mesi, dallo scorso 6 agosto, di lui nessuna traccia nonostante pedinamenti e diverse piste. Ieri sera la svolta.

I carabinieri hanno inseguito la moglie e la figlia e sono arrivati al nascondiglio di un 40enne di Scampia.
L’uomo, detenuto nel carcere di Secondigliano per droga, era in semilibertà. La previsione della pena definitiva ha fatto scattare il piano di fuga e dal 6 agosto non è più ritornato in cella. Fino a ieri quando la moglie e la figlia a bordo di uno scooter si sono diretti in provincia, a Giugliano in Campania. Era lì che il 40enne si stava nascondendo: la sua latitanza è finita ed è stato trasferito al carcere di Poggioreale.

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