«Sono innocente». È l’unica dichiarazione resa da Lazzaro Cioffi (difeso dall’avvocato Stellato) nella giornata di ieri durante l’interrogatorio delegato al quale è stato sottoposto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.
Per Romolo Ridosso, assistito dal penalista Michele Avino, l’interrogatorio continuerà anche nella giornata di oggi. Il suo legale riferisce che il contenuto delle sue dichiarazioni non possono essere rivelate ma che «qualcosa sta dicendo».
E comunque si andrà al Riesame. È la linea dei difensori dei quattro indagati, oltre a Cioffi e Ridosso, ricordiamo, anche il colonnello Fabio Cagnazzo e l’imprenditore di Scafati Giuseppe Cipriano. Sono 80mila le pagine che compongono il fascicolo d’inchiesta che racconta quattordici anni di indagini, 5mila euro il prezzo dei diritti di segreteria.
Ma la posizione dei legali resta la stessa per tutti: chiedere almeno una misura alternativa al carcere dal momento che – come affermato da Giovanni Annunziata, difensore di Cipriano – «la prova non è cristallizzata». Ma prima di proporre appello ci sono da studiare le carte, le tante carte. Solo l’ordinanza del gip Annamaria Ferraioli è di 411 pagine.
A ricostruire i rapporti tra i quattro indagati è Antonella Mosca, ex compagna di Ridosso. È lei a dire che Cioffi, presso il cui impianto lavorava Ridosso, insieme anche a Giuseppe Cipriano avevano intenzione di creare un cartello per fare concorrenza ai «casalesi».
Il punto di riferimento di Ridosso erano soprattutto Cioffi e Cipriano perché quando «non arrivavano i soldi, raggiungeva Giggino che aveva un impianto di distribuzione delle benzina sull’autostrada». Cagnazzo, Cioffi e questo Giggino, secondo la Mosca «avevano creato una società di fatto per accaparrarsi le pompe di benzina». È stato questo Giggino, quando Cagnazzo chiese duemila euro a Cioffi in cambio di un assegno post datato, a dare il denaro in contanti al maggiore. Oggi colonnello. In quel periodo Cagnazzo e Cioffi erano stati trasferiti nel Foggiano. Ma, nonostante tutto, le intercettazioni dimostrano che lui utilizzava ancora militari di fiducia di Castello di Cisterna per portare a termine servizi personali, come la riscossione del denaro in contanti da Giggino.
(fonte: IlMattino.it)