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Il Genio teatrale Crescenzo Autieri ha insegnato alla sua Caivano come riprendersi la propria vita

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Sabato 5 ottobre, fisicamente al Teatro Augusteo di Napoli, ma con il cuore completamente immerso nel vissuto di un genio caivanese: Crescenzo Autieri.

Un uomo che ha voluto condividere con un’intera platea le sue emozioni, i suoi tormenti e la sua storia. Crescenzo nei panni del piccolo Enzuccio prima e del grande Crescenzo alla fine ci ha fatto viaggiare ed attraversare sensazioni che a noi tutti appartengono e che quasi mai riusciamo ad esternare perchè solo una mente creativa come la sua poteva farci sentire e vedere quelle emozioni attraverso l’arte del racconto dell’introspezione e dell’immaginazione.

Il Giardino Giapponese: niente di più adatto per permettere a chi lo guarda di passare dalla fanciullezza ai giorni nostri, giorni fatti di tormenti, di paure e di forze avverse che spesso ci tagliano le ali, e se proprio non dovessero riuscirci ci rendono un pò malinconici nonostante i nostri successi.

Crescenzo in questa poesia di vita ci insegna che i sogni, quellli dei bambini sono la forza del mondo e che questi stessi sogni sono capaci di risvegliare le nostre coscienze anche quando tutto sembra perso, quando perdiamo la connessione con noi stessi.

Crescenzo ci guida quasi come uno psicoterapeuta fa, per permetterci di parlare a noi stessi, a quel bambino interiore che non muore mai e che sarà per sempre la nostra guida.

Grazie Crescenzo, a te e a tutta la tua compagnia per averci fatto sognare, tra musiche e scenografie fiabesche, il tutto contornato dalla forza dei bambini fisicamente presenti in un momento particolare di questo capolavoro: hai detto loro di scatenare l’inferno, ma era un inferno meraviglioso, inferno per gli adulti ma paradiso per loro, sì con la loro forza hanno spazzato via i tormenti e fatto riemergere i sogni.

Restiamo un pò bambini, non prendiamoci troppo sul serio e impariamo a vivere con il loro cuore: un cuore che non conosce ostacoli.

Perché nessuno mai possa privarci dei nostri sogni, perché come hai detto tu ieri: “i sogni se stracciano cu ‘e rient”.

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