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Raccolta firme Referendum Autonomia, oggi la mobilitazione: Manfredi e De Luca a piazza Municipio

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“La raccolta firme sta tirando, i cittadini chiamano alle Municipalità”. Nicola Ricci, segretario della Cgil campana, non aspettava altro. La prima iniezione di fiducia dal quartiere Vomero.

I moduli per le firme a favore del referendum contro l’Autonomia differenziata, si sono riempiti in meno di due giorni. Significa 80 adesioni già in tasca. E cosi un delegato della Cgil – il sindacato che insieme alla Uil e ai partiti di opposizione fa parte del comitato promotore – ieri mattina si è presentato in via Morghen, nella sede della Municipalità vomerese, per portare altri 3 moduli. Oggi si apre in città la campagna per le 500 mila firme necessarie per il referendum, con l’evento di sindacati e associazioni alle ore 18 in piazza Municipio.

Sono attesi il sindaco Gaetano Manfredi e il presidente della Regione Vincenzo De Luca, i due ai ferri corti che dovrebbero stringersi intorno alla battaglia contro il regionalismo. E mettere anche la loro firma oggi per il voto popolare. Ci saranno sindaci dalla provincia, esponenti di partito dal Pd ai 5 Stelle alla Sinistra.

E dovrebbero fare capolino in piazza scrittori del calibro di Maurizio De Giovanni e Viola Ardone. Si moltiplicano gli eventi. Alle 19.30 di oggi a piazza Bellini, Anpi, Coordinamento democrazia costituzionale e altre associazioni organizzano la “Pastasciutta antifascista” alla “A’ casa r’a Signora”. Domani il sindacato Cobas allestisce un banchetto per le firme in piazza Dante.

Qualche affanno a Palazzo San Giacomo per definire orari e giorni di firma nelle varie Municipalità: pubblicati sul sito istituzionale del Comune nel pomeriggio ma con aggiustamenti in corsa. L’exploit del Vomero, dove ieri ha firmato la presidente della Municipalità Clementina Cozzolino, ha indotto il comitato ad aggiustare il tiro. Non bastano 2 moduli per ogni ex circoscrizione: domani la Cgil lascerà al Comune 50 moduli per le Municipalità che ne avranno a disposizione altri 5 ciascuna.

In Prima municipalità (Chiaia-Posillipo) a Largo Torretta 19, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13.

In Seconda municipalità (Avvocata-Montecalvario-Porto-San Giuseppe-Pendino) in piazza Dante 93, dal lunedi al venerdi dalle 8.30 alle 13.30 e il giovedi dalle 16 alle 18.

In Terza municipalità (Stella-San Carlo) in via Lieti a Capodimonte 97, lunedì e mercoledì dalle 8.30 alle 13.30.

In Quarta municipalità (San Lorenzo-Vicaria-Poggioreale) in via Gianturco 99, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.

In Quinta municipalità (Vomero-Arenalla) in via Morghen 84, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.

In Sesta municipalità (San Giovanni a Teduccio-Barra-Ponticelli) in via Atripaldi 64, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13.30.

In Settima municipalità (Miano-Secondigliano-San Pietro a Patierno) in piazzetta del Casale 6/7, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 14.

In Ottava municipalità (Scampia-Piscinola-Marianella-Chiaiano) in Largo della Cittadinanza Attiva 15, dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13.

In Nona municipalità (Soccavo-Pianura) in piazza Giovanni XXIII 2, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13.30.

In Decima municipalità (Bagnoli-Fuorigrotta) in via Acate 65 e via Cariteo 51, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13.


(fonte: laRepubblica)

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Commercio, sempre più negozi cittadini e centri commericali chiudono con ricadute sull’occupazione

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Sempre più negozi cittadini chiudono con ricadute sull’occupazione.
Se ne apre uno, abbassano la serranda tre, secondo un noto sindacale nazionale di settore.
La crisi è stata acuita ultimamente dalle vendite on-line con consegna a domicilio, di questo passo si rischia che i centri urbani, senza più esercenti, diventino città-dormitori, più brutte, deserte e anche più pericolose.

“Assolutamente sì, è indispensabile un intervento dall’alto per fermare questa deriva che sta arricchendo sempre gli stessi colossi globali e impoverendo le economie locali. In Italia, il commercio fisico è stato lasciato senza strumenti per competere – dice Gaetano Graziano, Vicepresidente dell’associazione dei direttori dei centri commercialiAltri Paesi – continua – hanno capito il rischio e hanno agito: la Francia ha imposto una tassazione sui giganti del web per riequilibrare la concorrenza, la Germania ha investito nel supporto tecnologico ai negozi e il Regno Unito ha ridotto le imposte sugli esercizi commerciali per abbattere i costi di gestione. Nel nostro Paese, invece, non si è fatto nulla di tutto questo, con il risultato che le chiusure aumentano e i centri urbani si svuotano. Senza una strategia nazionale che includa sgravi fiscali, incentivi per la digitalizzazione e una regolamentazione più equa per l’e-commerce, il commercio locale sarà destinato a scomparire, con conseguenze gravissime sul PIL, sull’occupazione e sulla qualità della vita nelle nostre città.”

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Istat: solo al sud Italia si continua ad andare in chiesa

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Chiese sempre più vuote in Italia: secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2022 è stato toccato il minimo storico con il 18,8 per cento delle persone che vanno a messa almeno una volta a settimana. Sono molto più numerosi, il 31%, coloro che lo scorso anno non hanno mai messo piede in chiesa, se non per un evento particolare, come battesimi, matrimoni o funerali. Il restante 50% degli italiani frequenta un luogo di culto in modo discontinuo o occasionale.

A livello territoriale è il Mezzogiorno l’area più “religiosa” del paese, con il 29,3% della popolazione che frequenta con regolarità le funzioni, il centro si attesta invece su valori del 22,6%, numeri simili al nord con il 22,7%.

Tra le regioni è la Calabria quella con il numero più alto di praticanti, il 32,3% della popolazione.
Dal lato opposto invece è la Valle d’Aosta il territorio che presenta i valori più bassi, 16,5%.

Interessante anche le differenze che si riscontrano a livello micro-territoriale, in particolare la popolazione che vive nelle periferie delle aree metropolitane frequenta mediamente il 3% in più rispetto alla popolazione che vive nel centro città.

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Istat, la Campania è la regione con la più bassa speranza di vita

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La Campania, nonostante un considerevole recupero, rimane la regione con la speranza di vita più bassa tanto tra gli uomini (79,7) quanto tra le donne (83,8).

E’ il dato che si ricava dagli indicatori demografici dell’Istat pubblicati oggi e relativi al 2024.

Nella graduatoria nazionale che fa segnare il minimo storico della fecondità, con 1,18 figli per donna, la Campania si piazza al terzo posto tra le regioni italiane. Il primato della fecondità più elevata continua a essere detenuto dal Trentino-Alto Adige, con un numero medio di figli per donna pari a 1,39 nel 2024, comunque in diminuzione rispetto al 2023 (1,43). Come lo scorso anno seguono Sicilia e Campania. Per la prima, il numero medio di figli per donna scende a 1,27 (contro 1,32 del 2023), mentre in Campania la fecondità passa da 1,29 a 1,26. 

La perdita di popolazione nel Mezzogiorno dovuta agli spostamenti tra i Comuni colpisce tutte le regioni dell’area, con intensità più marcata in Basilicata e Calabria dove si osservano i tassi migratori negativi più alti: rispettivamente -5,0 per mille e -4,6 per mille. Anche il Molise (-3,8 per mille) e la Campania (-3,3 per mille) mostrano un tasso migratorio negativo significativo, sebbene meno accentuato.
La Campania, infine, si distingue anche come la regione con la più alta quota di popolazione in età attiva (65,3%), seguita dal Lazio (64,2%) e dalla Lombardia (63,9).

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