CAIVANO – Stamattina all’Hotel Roseto si è svolta l’operazione verità sul terreno dove dovrà sorgere il nuovo campo sportivo e la sede della Protezione civile di Caivano indetta dall’ex proprietario dell’immobile Francesco Moccia.
Il motivo principale della conferenza stampa è legato principalmente all’errore macroscopico fatto dai tre commissari prefettizi e dal Commissario straordinario di Governo nell’attribuire tale omonimia al clan Moccia, clan egemone sul territorio afragolese e paesi limitrofi, dichiarando ai mezzi di comunicazione che il prossimo stadio comunale di Caivano, per loro volere, sorgerà su un terreno confiscato al clan camorristico.
Peccando forse anche di sprovvedutezza, data la loro ricerca spasmodica di appuntarsi al petto medaglie di legalità e portare il risultato in casa Fratelli d’Italia, scambiano un semplice imprenditore per parente dei più assurti agli onori della cronaca e dimostrandosi carenti di informazioni sulla storia di tale terreno, commettono l’errore di considerare quest’ultimo bene confiscato alla criminalità organizzata.
Niente di più falso. Quel terreno è un terreno acquisito gratuitamente a patrimonio comunale poiché nel 2001, sotto l’Amministrazione Semplice, furono accertati alcuni profili di abusivismo derivanti dalla costruzione di alcuni manufatti privi di concessione edilizia.
Solo che durante l’Amministrazione dell’ingegnere di RFI sono stati commessi due errori grossolani, secondo l’imprenditore Moccia che pur ammettendo i suoi errori nell’aver commesso abusivismo vuole mettere in risalto.
Il primo è la male interpretazione della legge 47 del 28 Febbraio 1985 che recitava – poiché è stata sostituita dal DPR 380 del 6 Giugno 2001 – : “Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonche’ quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non puo’ comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”.
Ora, se la legge prevede l’acquisizione di una superficie dieci volte tanto quella utile alla costruzione abusiva perché fare il calcolo su quanto previsto dalla legge utile ad un terreno agricolo trasformando i metri cubi in metri quadri? Infatti l’allora Arch. Luigi Saviano stabilisce che l’area da acquisire a patrimonio comunale doveva essere commisurata all’intera area poiché l’abuso era misurato nell’ordine di 20mila metri cubi e che per ottenere concessione edilizia di tale volumetria occorrevano, secondo il PRG vigente dell’epoca, un’estenzione terriera di circa 280mila metri quadri e siccome l’intera area ne misurava solo 130mila pertanto doveva essere posta al provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale nella sua interezza.
Il secondo errore grossolano fatto dall’Amministrazione Semplice è stato commesso proprio dall’allora Sindaco Mimmo Semplice in persona, poiché emette di suo pugno, un’ordinanza di acquisizione del bene a patrimonio comunale a soli 15 giorni di distanza dall’ordinanza di demolizione firmata dall’Arch. Luigi Saviano e non oltre i novanta giorni come prevede la legge.
Quindi, oltre ad essere ricordato come il “Sindaco delle ecoballe”, Mimmo Semplice è anche il Sindaco che ha permesso, con i suoi grossolani errori, la perpetrazione ultraventennale da parte dell’imprenditore Francesco Moccia della sua lotta personale sul bene che un tempo è appartenuto alla sua famiglia.
Al di là delle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato che respingono il gravame – organi che comunque non entrano nel merito tecnico della questione – a far crescere l’idea di ragionevolezza nella mente dell’imprenditore sono anche due documenti redatti sempre dall’ente gialloverde dove si ammetterebbe l’errore di calcolo e d essi sono: un Atto di transazione firmato tra le parti – Avv. Pagnano per conto del Comune e Avv. Sergio Clemente per conto della Mgroup srl (azienda di proprietà di Francesco Moccia) e un atto di pianificazione del Territorio di edilizia privata redatto dal sovraordinato Nunziante Marino all’epoca del commissariamento Mone e firmato ma mai pubblicato sull’Albo Pretorio da Vincenzo Zampella, quest’atto poi scomparso dalle documentazioni comunali ma dichiarato esistente dallo stesso Marino agli inquirenti, dopo una denuncia penale sporta dall’imprenditore Moccia.
Quindi ad oggi il quadro è chiaro! A Caivano abbiamo quattro commissari che non vedono l’ora di dichiarare lotta alla camorra, vedendo quest’ultima ovunque anche laddove non ci sia. Un imprenditore che chiede al Comune un mega risarcimento di 15 milioni di euro per un errore commesso ventitré anni fa da Mimmo Semplice e adesso, dato che nelle more del procedimento, non ci saranno più neanche i commissari, questa sarà una gatta da pelare che dovrà farsi carico la prossima Amministrazione.
Intanto ancora una volta i caivanesi si domandano, riqualificazione sì, d’accordo, ma a che prezzo?