Nove mesi esatti. Tanto è trascorso da quando, il 23 giugno 2023, un’auto-prototipo esplose sulla tangenziale di Napoli. Su quella vettura in sperimentazione, c’erano due persone: la ricercatrice Maria Vittoria Prati e il tirocinante Fulvio Filace, 25enne di San Giorgio a Cremano. Morirono entrambi. Fulvio si spense il 29 giugno. A nove mesi da quella tragedia non risultano indagati e nessuno dei punti interrogativi ha trovato risposta. Quell’automobile poteva percorrere la tangenziale? Cosa ha causato lo scoppio? Cosa trasportavano? Perché Fulvio era lì? “Sono stati mesi di estremo dolore – racconta Maria Rosaria Corsaro, madre di Fulvio – Non ci sono novità, noi le aspettiamo”. Le fa eco Salvatore, il papà del ragazzo: “Vogliamo capire che cosa è accaduto in quella automobile. Ci sono troppe cose che non tornano. Perché quella vettura è partita dal Cnr di Fuorigrotta? Perché era in tangenziale senza dispositivi di sicurezza, mettendo a repentaglio la vita di mio figlio?”
Quel prototipo faceva parte del progetto Life Save, un progetto finanziato dal programma europeo Life per la conversione di vecchie vetture in auto ibride. Un progetto che coinvolge anche l’Università di Salerno, attraverso lo spin off Eproinn, e il Cnr di Napoli che stava sperimentando la vettura esplosa. “In questi mesi non ci ha chiamati nessuno – prosegue Salvatore – Non che avessimo bisogno di qualcosa, ma almeno per umanità verso due genitori che hanno perso un figlio”. Il 20 febbraio, la Federico II ha consegnato alla famiglia Filace la laurea alla memoria di Fulvio. Il 25enne, infatti, aveva ottenuto un tirocinio al Cnr che gli avrebbe permesso di completare il suo percorso di studi. L’Università si è costituita parte lesa nell’eventuale processo che ci sarà. “In quell’occasione ho incontrato la nuova direttrice del Cnr di Napoli – spiega Maria Rosaria – nominata pochi giorni dopo la morte di mio figlio. Mi ha invitato in sede, ma a far cosa non l’ho capito”.
Salvatore e Maria Rosaria continuano a ripensare alle ultime parole di Fulvio: “Nei giorni precedenti continuava a ripetere che sentiva un odore alcolico, lo aveva fatto presente anche ai suoi responsabili ma, evidentemente, lo hanno preso sottogamba. Quando il prototipo è esploso, Fulvio è uscito che era una torcia umana. Anche al soccorritore ha detto dell’odore di alcol”. Un altro elemento su cui i genitori attendono risposte è la presenza di idrogeno: “Mi è stato riferito che probabilmente su quella vettura era presente idrogeno senza che chi ci lavorava ne fosse a conoscenza” sostiene Maria Rosaria Corsaro. Fino a oggi la Procura non ha battuto colpi. Eppure, secondo la legge le indagini dovrebbero durare sei mesi, con la possibilità di proroga a 12 nel caso i pm chiedano un supplemento di indagine di cui, al momento, non c’è contezza. Al momento, c’è solo un’ipotesi di reato per incendio e omicidio a carico di ignoti.
Quello che è certo è che non è stata ancora effettuata la perizia sull’automobile esplosa: “Abbiamo nominato un perito di parte e abbiamo chiesto di esaminarla – spiega Salvatore Filace – ma ci hanno detto che non si può ancora fare”. Il tempo trascorso è tanto, ma la famiglia non ha perso fiducia nella giustizia: “Spero che paghino in molti – conclude mamma Maria Rosaria – perché sono in molti a dover pagare. Noi aspettiamo. Ma anche se avremo giustizia, nessuno potrà ridarci Fulvio”.