Caivano

Fatta CAIVANO, bisogna fare i caivanesi e nessuno, commissari compresi, possiede idonei requisiti

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CAIVANO – Affermare il detto “si stava meglio quando si stava peggio” risulterebbe stucchevole e fuori luogo, e soprattutto si rischierebbe di essere tacciati per camorristi. Ma è oggettivo il fatto che nessuno, a Caivano, si possa arrogare il ruolo di insegnante amministrativo. La classe dirigente tutta caivanese ha fallito nella misura in cui ha delegato il proprio ruolo, direttamente o indirettamente – attraverso l’assoggettamento e la paura che hanno fatto in modo che nel comune gialloverde non fioccassero denunce da parte di chi sapeva e non ha parlato – al clan egemone sul terriotorio. Ma chi è arrivato dopo non è che sta brillando in gestione amministrativa o quanto meno abbia davvero rivoltato Caivano come un calzino.

La dimostrazione sta nel fatto che a Caivano si continua a delinquere, si continua a spacciare – il nucleo operativo del narcotraffico è solo emigrato in altri parchi e dimore – e soprattutto si continuano a registrare comunque gli stessi disagi di vita collettiva di sempre.

Il dato desolante che si registra a queste latitudini è che sia la classe dirigente degli ultimi anni che i commissari appena arrivati hanno dato la stura a vecchi politici, ancora in vita, che hanno fatto dello scambio di voti, della compravendita delle prebende e dei favori personali il proprio mantra politico, di poter parlare ed ergersi a soloni della gestione amministrativa.

Ero piccolo e ricordo come fosse ieri un sindaco, veterano e socialista, che raccattava voti perché, all’epoca, era molto semplice impiegare in qualche ente o azienda il leccaculo di turno che gli gravitava intorno che in cambio gli garantiva i voti della sua numerosa famiglia.

Ecco, quelli sono stati i pionieri, gli antesignani della politica che ha regalato Caivano nelle mani di “Tibiuccio” e nessuno di essi, vecchi e giovani, belli e brutti, secondo l’avviso di un cronista libero, si può arrogare il diritto di promuoversi come l’innocente e risolutore del caso.

Il Governo Meloni, accogliendo l’allarme, seppur fuorviante, confuso e menzognero, del prete di periferia, ha commissariato il Comune di Caivano dal punto di vista della riqualificazione col Commissario Ciciliano, mettendogli a disposizione trenta milioni di euro e in quattro mesi circa, oltre alla ripulita fatta al Centro Delphinia, il nuovo parco “Cuore di Caivano” e le numerose passerelle dei ministri, ancora non è possibile leggere uno stralcio della visione che ha maturato l’ex medico della Polizia di Stato utile alla riqualificazione del comune gialloverde.

Se Atene piange, Sparta non ride. Se da un lato non si registra ancora la consistenza di Ciciliano, dall’altro lato la terna commissariale inviata dal Ministro Piantedosi all’indomani dello scioglimento per ingerenze della criminalità organizzata fa registrare tutta la sua sprovvedutezza in termini di gestione amministrativa, negando alla cittadinanza caivanese perfino tutto quanto è di normale amministrazione, vedi i riscaldamenti nelle scuole, le buche nelle strade, la messa in sicurezza dei sottoservizi e l’assenza di un calendario di eventi natalizi.

Quindi è inutile signoreggiare e credersi immacolati e dotti. Fatta Caivano, bisogna fare i caivanesi e nessuno, dico nessuno, dei politici, affini o intellettuali deve arrogarsi il diritto di essere meritevole della delega dei caivanesi alla prossima tornata elettorale, poiché nessuno dei “vecchi” – pionieri e capostipiti dell’attuale Sistema politico caivanese – dei “giovani” – ottimi allievi dei primi, persecutori di quel sistema, informati sui fatti, pavidi e assoggettati dalla camorra – e dei parenti o affini degli indagati – poiché creerebbero dei fumus grossi quanto case – in questa martoriata città, potrà rappresentare la volontà politica dei suoi cittadini.

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